L’inglese Third-I-Rex è un’etichetta giovane ma molto attenta nello scovare e promuovere, nel vasto sottobosco underground, realtà valide ed interessanti. È sicuramente il caso dei nostrani Obscure Devotion, band lucana attiva dal lontano 1996, che giunge con questo “Ubi Certa Pax Est” alla sua terza fatica sulla lunga distanza, dopo l’esordio “Son Of A Dayless Night” del 1999 ed il successivo “…Of Darkness, Death And Faith” del 2006. Una scarsa produttività, che in questo caso fa rima con estrema cura ed attenzione compositiva: i brani contenuti in questo lavoro sono infatti tutti di grande qualità, ottimamente bilanciati tra la furia distruttiva del death metal e la fredda malignità del black, e costruiti su strutture articolate, caratterizzate dall’alternanza di tempi e ritmi che lascia trasparire spesso e volentieri una mai sopita vena melodica, a mio giudizio vera marcia in più di pezzi che, seppure sanguinosi e feroci, non puntano affatto soltanto sull’impatto ma anche e soprattutto sulla creazione di atmosfere oscure ed infernali. Per rendersi conto di quanto ho appena detto è sufficiente dare un ascolto alla title track o alla sulfurea cavalcata “The Sign Of Pain” od ancora alle due parti di “Arrivederci”: canzoni che potrebbero tranquillamente essere uscite da un disco degli Hypocrisy o dei Necrophobic, nelle quali affascinanti arpeggi e sinistre melodie si insinuano a spezzare l’assalto brutale. Merito del variegato lavoro alle chitarre svolto dal mastermind Cabal Dark Moon, qui autore anche di una convincente prova vocale (il suo growling bestiale riesce ad essere anche estremamente espressivo) e ben coadiuvato da una sezione ritmica tellurica e profonda, precisa come una macchina da guerra, formata da Vox Mortuorum al basso e Abyss:111 alla batteria. Senza inventare nulla di nuovo e volgendo in sostanza lo sguardo al passato, specie a certo black/death scandinavo della seconda metà degli anni novanta, gli Obscure Devotion reinterpretano con personalità e indubbia capacità questi canoni stilistici, dimostrando per l’ennesima volta che la violenza sonora può risultare ancora più letale se incanalata in strutture ragionate.
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