Brutti, sporchi e cattivi, dalle gelide lande dell’Alaska arrivano i Sex Dumpster, con il dichiarato intento di spaccarci i timpani e di trascinarci in un vortice venefico di rovina e disperazione. La band è composta dal factotum Hiram Lohr (voce, chitarra, basso) e dal batterista Grega Plamberger e nasce dalle ceneri del progetto Thousand Year Way, formato dallo stesso Hiram Lohr con l’assistenza di Fredrik Widigs (attuale batterista dei Marduk), che aveva dato alle stampe l’album “Tyrants And Men” e l’ep “Kingdom Of America” prima di sciogliersi definitivamente. Quell’esperienza viene ora ripresa e sublimata in questa nuova realtà che deflagra in quest’opera prima come un ordigno nucleare, a suon di black metal putrido e marcio mescolato con il punk più selvaggio e della peggior specie: un ibrido nichilista e assassino, totalmente votato alla distruzione e all’autodistruzione (e la cover di “I Kill Everything I Fuck” di GG Allin non è certo lì per caso). A livello di influenze si potrebbero tirare in ballo Urgehal, Nattefrost e Impaled Nazarene ma i Sex Dumpster, in cotanta drogata turpitudine, dimostrano anche di possedere una loro specificità musicale: a questo proposito sono emblematici il riff portante ultra melodico ed orecchiabilissimo della title track, molto anni ottanta, ed i ritmi veementi ed ossessivi di “Fist Fucking Motherfucker”, episodio che sfiora territori industrial; i due poli estremi di un disco che in mezzo ci regala tante mazzate sui denti, belle chitarre corrosive e qualche rallentamento sudicio e metropolitano (“This Lonely Rope”, “Under The Night”). Insomma, credo sia chiaro il genere di atmosfera che vi avvolgerà una volta premuto il tasto play: vomito, piscio, angoscia e vuoto esistenziale. Che “nostro signore alcol” sia con voi!