Se nel vostro petto batte un cuore vichingo, se siete stanchi di aspettare il nuovo disco dei Graveland, se, soprattutto, non avete ancora smesso di piangere la scomparsa di Quorthon (potrà mai accadere?), questo disco deve essere vostro senza la minima esitazione! I Morrigan riprendono il discorso portato avanti dai Bathory di “Hammerheart” e “Twilight Of The Gods”, ma anche delle ultime due releases cioè del filone più epico del gruppo di Quorthon. Qui ritroverete le stesse sensazioni provate ascoltando quei capolavori, persino i cori sono molto simili. La differenza principale sta nell’uso della voce, che spazia dal pulito allo screaming in maniera egregia. I riff sono piuttosto semplici dal punto di vista strutturale, ma ottimamente costruiti. Dopo l’intro, a suon di vento e corvi, c’è “Crom Cruach”, che racchiude alla perfezione quanto detto prima. Una song lunga e improntata su non moltissimi riff, ma che trasmette appieno la fierezza dei vichinghi. In “Where Rainbows End” (il cui inizio è quasi hard rock) troviamo una delle poche accelerazioni del disco, che, per lo più, è giocato su mid tempos epicissimi; roba che, al confronto, i Manowar fanno grind… Tutto il disco si assesta su alti livelli compositivi, senza subire cadute di tono e senza rischiare di annoiare. I Morrigan sanno come suonare canzoni che si fissano nel cuore e nella mente degli amanti di questo genere. È ovvio che i Bathory restano irraggiungibili per chiunque, ma il gruppo in questione potrebbe diventarne, insieme ai Graveland (che, comunque, restano più estremi), il degno successore. Solo il tempo potrà confermare questa mia previsione. Intanto, fossi in voi, mi procurerei questo disco.
