Tutti i veri adoratori della nera fiamma dovranno ringraziare la britannica Supernal Music per aver ridato alle stampe questo cult album, un autentico gioiello nero risalente al settembre 1994 ed ormai praticamente introvabile. La scena polacca dei primi anni novanta, insieme alla norvegese, è stata quella in cui la filosofia black si è maggiormente estrinsecata in azione e “politica” e gli Infernum, di cui il presente disco costituisce la maggiore testimonianza in musica, da sempre fautori di un elitario connubio tra black blasfemo ed ideologie estremiste, furono uno dei gruppi più rispettati e temuti di quel periodo. Fondati da Anertiomarus, videro l’attiva partecipazione di noti personaggi quali Darken e Capricornus dei Graveland (e di una decina di altre band polacche). Secondo le note riportate nel booklet pare che le autorità di polizia, in seguito agli strani roghi di chiese che in quel periodo erano divenuti un po’ troppo frequenti, stessero conducendo delle pressanti indagini intorno al movimento underground del Tempio della Luna Piena, attivo nella zona. Così pressanti che lo stesso Anertiomarus, che di quel movimento era membro, si decise a collaborare, attirando su di sé l’odio e l’ira dei suoi ex compagni di scorribande, tanto da doversi “rifugiare” in un ospedale psichiatrico dove si tolse la vita dieci anni dopo. Note di cronaca a parte, rimane l’eredità di una perla di pura malvagità e rara spiritualità qual è questo “Taur-nu-fuin”. Da un punto di vista prettamente musicale questo lavoro non si discosta molto dal mood tipico delle prime produzioni dei Graveland (mi riferisco a pietre miliari come “Carpathian wolves” e “The celtic winter”) e ne riprende le atmosfere tetre e glaciali ma nel contempo epiche. Dopo una breve intro medievaleggiante esplode l’accoppiata infernale “In the black clouds of war” e “The ancient order”, autentici manifesti del modo di concepire e suonare il black metal in quel periodo: riffs taglienti come lame di rasoio, voce demoniaca e tastiere a svolgere una preziosa trama di accompagnamento, sottolineando i momenti più sinistri senza mai essere invasive e, soprattutto, senza mai sommergere in un indistinto tappeto sonoro il guitarwork. Segue uno degli episodi più riusciti dell’intero disco “Gammadion”, vero inno alle tenebre ed al male assoluto, impreziosito da uno stacco centrale rallentato nel quale chitarra e voce danno vita ad un sulfureo duetto veramente da brividi. Dopo la furiosa e distruttiva “Weltmacht oder riedergang” e l’arpeggio malinconico in stile burzum della successiva “Meine ehre heisst treue”, è la volta della superba “Cathari sects”, perfetta nel suo alternarsi di parti ultra fast ad altre maggiormente cadenzate, con uno splendido lavoro di tastiere. Chiude un’outro ambient. Da segnalare anche il booklet che all’interno mette in bella mostra l’immagine di una chiesa in fiamme nella notte. Capolavoro assoluto!
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