Questo è il terzo album degli italiani Orcrist, band che pare vantare amicizie importanti in terra norvegese. Il genere proposto è raw black metal nudo e crudo, influenzato fortemente dai DarkThrone, ma anche, in alcune cavalcate come “Nightconqueror”, dal viking più primordiale e scevro da facili melodie. Il disco trasuda odio, le chitarre sono zanzarose al punto giusto, la batteria compie il suo dovere, il cantante è un demone… tutto sembra essere perfetto. “Troppo” perfetto, al punto da suonare falso alle mie orecchie! Con questa frase, probabilmente, mi attirerò le ire di molti, ma sono abituato a dire esattamente ciò che penso. E non tratto bene un gruppo solo perché italiano o perché vanta conoscenze importanti. Con questo non voglio dire che il disco, in sé, sia orribile. Il problema è che esistono centinaia e centinaia di gruppi simili che propongono, in modo anche migliore, lo stesso tipo di sound. L’unica canzone che mi ha dato la sensazione di essere stata scritta col cuore è la conclusiva “Mark of Hate”. Mi spiace sinceramente stroncare il lavoro di un gruppo italiano, ma non sarei corretto verso me stesso e verso chi legge se facessi il contrario.
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