Un’intro tastieristica, dal sapore decadente, ci introduce alla terza fatica dei tedeschi Pestnebel, band da sempre pubblicata dalla Warfront Production (label sicruamente da tenere d’occhio, per la qualità delle uscite). Non ho termini di paragone per questo gruppo, per cui non posso dire se questo disco sia superiore o meno ai suoi predecessori. Però si tratta un disco che si lascia ascoltare con molto piacere, perché è in grado di amalgamare in maniera piuttosto convincente influenze assai varie, riuscendo, in un certo qual modo, ad evitare l’effetto “già sentito”. Questo, soprattutto, quando la velocità diminuisce e il gruppo si lascia andare a mid tempos, che possono riportare alla mente il miglior Burzum (intendo, ovviamente, quello pre svolta ambient), riuscendo a creare un’atmosfera morbosa, che solo il nuovo impeto dei brani riesce a fugare. Le parti più veloci affondano le mani in parte nella scena svedese, in parte in quella tedesca. Ma tutto, è bene sottolinearlo ancora, senza risultare eccessivamente derivativo o poco personale. A mio parere, credo che l’arma vincente della band vada cercata sopratutto nella voce del singer Pestmeister Tairach, che evita lo screaming tradizionale, a favore di un cantato più rabbioso, che si adatta sicuramente meglio alla struttura dei brani. La produzione valorizza in maniera adeguata tutti gli strumenti, senza appiattire le canzoni. L’unica cosa che manca a questo disco è forse un brano che si fissi fermamente nella testa dell’ascoltatore, ma questo non è necessariamente un difetto. Un gruppo che vale certamente la pena di scoprire.
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