La creatura di Marco Kehren giunge con questo “Warfare Machines” al settimo lavoro in studio. In quest’occasione il nostro, mente e motore del progetto Deinonychus, è coadiuvato da musicisti di grande spessore come Giuseppe Orlando dei nostrani Novembre in qualità di batterista e Jürgen Bartsch dei Bethlehem al basso. L’album in questione è sicuramente il più vario e ricco di influenze partorito dalla band da diversi anni a questa parte, ed anche se i fasti del superbo “The Silence Of December” sembrano ormai un ricordo, quest’opera si attesta su livelli qualitativi assolutamente rispettabili e decisamente superiori alle ultime prove in studio del combo olandese. Il songwriting di questo lavoro risulta meno monolitico che in passato ed accanto alle consuete trame dark/doom, che dipingono, con scarni ma intensi tratti, scenari di puro dolore e sofferenza, si affiancano partiture vicine al death più cavernoso o al black sinfonico, che rendono i brani più cangianti all’ascolto ma non meno soffocanti ed opprimenti. La minor durata dei singoli pezzi è già di per sé indicativa del moderato cambiamento stilistico che caratterizza quest’opera. Infatti, ad episodi che si attestano sulle coordinate del più classico Deinonychus sound, come la pesantissima opener “Krematorium” o l’altrettanto pachidermica “False Flag”, un vero gorgo nero di agghiacciante inquietudine, si alternano passaggi più black oriented, come la sulfurea e funerea “Carpet Bombing”, che in qualche modo diversificano l’album rendendone l’ascolto più “agevole”. Ottima, come di consueto, la prestazione vocale di Kehren, che latra il suo tormento con un growling cupissimo e lancinante. Pur non essendo paragonabile allo sfolgorante disco di debutto, questo “Warfare Machines” è comunque un buon lavoro, supportato tra l’altro da una produzione estremamente professionale e particolarmente azzeccata nel dare corpo e profondità ai suoni, aumentando ancora di più la sensazione di angoscia infinita prodotta dalle note. Un album che potrà trovare consensi tanto tra i fans del death/doom alla My Dying Bride, quanto tra gli amanti delle sonorità black più evocative e depressive alla Silencer, il che non è poco.
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