A pochi anni di distanza dalla sua pubblicazione, “Casus Luciferi” dei Watain è entrato di diritto nel novero dei classici del black metal. L’album in questione ha tracciato definitivamente le coordinate stilistiche e concettuali del così detto “religious black metal”, decretando la supremazia della band svedese tra quelle dedite a questo particolare sottogenere (in condivisione con i francesi Deathspell Omega, autori l’anno successivo dell’acclamato “Si Monumentum Requires, Circumspice”). L’atmosfera che si respira all’ascolto delle tracce che dipingono in note la “caduta di Lucifero” è incredibilmente malsana e mortifera, pregna di un pathos tragico e di un afflato divino/demoniaco davvero quasi tangibili. Il songwriting, seppur ispiratissimo, non costituisce in realtà nulla di particolarmente innovativo, ma è una rilettura estremamente personale e convincente della lezione impartita dalla vecchia scuola svedese e norvegese. Accanto a rasoiate letali in tipico swedish style troviamo infatti pezzi che puntano molto sul feeling oscuro e blasfemo creato dalle trame chitarristiche, semplici ma decisamente curate e suggestive. Il riffing ha un approccio multiforme, canonicamente black metal in alcuni frangenti, decisamente più melodico in altri (ma si tratta comunque di melodie sinistre e malevole, tutt’altro che orecchiabili). I testi, scritti in collaborazione con Necromorbus dei Funeral Mist, MkM degli Arkhon Infaustus e Scorn dei Katharsis, sono tutti incentrati sull’esoterismo magico e su una visione metafisica e filosofica di Satana, figlia di una certa ricerca lirica (quanto effettiva e profonda sia tale ricerca resta poi da dimostrare…). Musicalmente siamo però di fronte ad un capolavoro, senza mezzi termini, uno di quegli album destinati ad estendere la loro influenza anche negli anni a venire e degni di essere menzionati tra le pietre miliari del genere. Il livello qualitativo si mantiene costantemente sopra la media, ma alcuni episodi spiccano per la compattezza e per il caos sonoro generato: l’opener “Devil’s Blood”, “I Am The Earth” e la lunga title track, posta in conclusione, portano ad una superiore maturazione compositiva i già ottimi spunti presenti nel precedente “Rabid Death’s Curse” e sono ancora oggi degli inamovibili cavalli di battaglia dei Watain in sede live. “Casus Luciferi” è l’album che ha permesso alla band di Erik Danielsson di compiere il definitivo salto di qualità (anche commercialmente parlando), uno di quei dischi che un gruppo ha la fortuna di comporre una sola volta nella propria carriera. Da avere e custodire gelosamente.
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