Uno scroscio di pioggia, con rumori in sottofondo, ci introduce all’esordio dei pakistani Taarma. Un primo album che tutti gli amanti delle sonorità care ai Leviathan americani e agli Xasthur non dovrebbero lasciarsi sfuggire (e la loro influenza si evidenzia anche dalla presenza della cover di “Doomed By Howling Winds”). Ma qui siamo oltre le proposte delle bands di Wrest e Malefic. In questo disco Black Emperor Jogezai (la mente e l’unico membro dei Taarma) fonde le melodie melanconiche con le chitarre distorte ad un livello tale da far sprofondare l’ascoltatore nella più cupa e nera disperazione, una claustrofobica discesa nel tunnel dell’inquietudine, alla fine del quale non c’è nulla, se non il buio più totale. Se un tale senso di oppressione gli derivi dal luogo in cui vive non lo so; quello che so è che questo disco incute realmente paura, asfissìa, voglia di farla finita. Il tutto grazie ad una manciata di brani non troppo lunghi né particolarmente complessi da un mero punto di vista strutturale. Ma tutti i riff sono perfettamente costruiti, ben amalgamati l’uno con l’altro, il tutto sormontato dallo screaming disperato di Jogezai, molto effettato, come quello del citato Wrest. Non so nemmeno se si possa segnalare un pezzo su un altro, perché, mai come in questo caso, ciò sminuirebbe il valore degli altri brani. Questo disco va assaporato nella sua interezza, senza interruzioni; solo in questo modo lo si potrà apprezzare fino in fondo. Di dischi depressive ne ho sentiti tanti, nel corso degli anni, ma un disco angosciante come questo è stata un’esperienza totalmente nuova, come se mi fossi accostato al genere per la prima volta. E, credo, sarebbe così per chiunque. Da ascoltare.
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