I francesi Malleus Maleficarum, autori non più di due anni fa di un discreto disco di debutto, quel “Tedium vitae”, uscito anch’esso per Oaken Shield, che aveva destato l’attenzione di molti addetti ai lavori pur senza far gridare al miracolo, tornano oggi alla carica con un album di “fast and furious” black metal praticamente perfetto sotto ogni aspetto, che riprende quanto di buono proposto dalla band nel debut portandolo all’ennesima potenza e catapultando i Nostri nell’Olimpo della scena transalpina (ovvero, oggigiorno, probabilmente la scena più prolifica e valida al mondo, almeno in ambito di true and raw black metal). Orfani dell’ex-singer, autore di una prova comunque valida sul precedente disco, i Malleus Maleficarum, inizialmente un quartetto, hanno brillantemente ovviato a questo inconveniente diventando un trio ed alternando alle voci il chitarrista Tamas, dall’ugola granitica e vagamente death-oriented, ed il bassista Ahriman, autore invece di una prova vocale superlativa, capace di trasmettere sensazioni di terrore e disperazione allo stato puro con le sue urla strangolate e lancinanti ed il suo cantato veramente agonizzante, quasi di burzumiana memoria. La musica proposta è un black metal selvaggio, furente, carico d’odio che si inserisce meravigliosamente nell’ambito della recente ma già consolidata tradizione d’oltralpe di gruppi quali Nebel, Olc Sinnsir e Temple of Baal. Il disco è sparato a mille all’ora in faccia all’ascoltatore e, pur essendo grezzo e primitivo, appare curato fin nei minimi particolari soprattutto laddove si assiste all’alternanza di parti in mid tempo che rallentano, anche se solo per un attimo, l’assalto frontale di questi francesi, creando un’atmosfera sospesa, prima che la distruzione riprenda. Le chitarre, gelide e taglienti come lame di rasoio, sono le vere protagoniste di quest’ottima release, adeguatamente supportate da un buon (anche se non eccelso) drumwork, opera di Nicolas. La produzione è ottima: minimale ma non artigianale, riesce a “pompare” l’eccellente guitarwork della band senza eccedere e strafare. Le songs si susseguono una dopo l’altra, tutte di elevata fattura, ed è veramente difficile indicare l’hit del disco. A mio parere il gruppo da il meglio di sé nella parte finale del lavoro ed in particolare nel trittico da brivido, successivo ad uno splendido intermezzo acustico, formato da “Agonie”, “La citè des hurlements muets” e “Ballet mortuarie”, vere e proprie perle di oscura e perversa malvagità. Le liriche sono interamente in lingua madre, ma questo non sorprende più. Infine una nota di elogio per l’artwork di copertina che raffigura un paesaggio brullo ed invernale con in primo piano una sorta di pastore diabolico che potrebbe essere uscito dai pennelli di qualche espressionista tedesco dei primi del novecento: splendido, rende alla perfezione il mood tetro e glaciale dell’intero disco. Lasciate quindi che il “martello delle streghe” si abbatta sulle vostre anime povere ed inermi e le trascini con sé negli abissi più profondi e segreti dell’inferno.
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