Non si può dire che Shamaatae sia un autore prolifico, essendo questo il quarto album degli Arckanum in ben quindici anni di esistenza e giungendo il lavoro a dieci anni di distanza dal precedente full length “Kampen”. Ma alla penuria di materiale fa da contraltare una qualità sempre eccellente, essendo ogni release di questo progetto un piccolo gioiello di black metal primordiale, di stampo fondamentalmente darkthroniano nel riffing, ma assolutamente personale nella concezione. Questo disco si discosta leggermente da quanto fatto nell’album precedente, per riscoprire lo stile del secondo, inarrivabile, “Kostogher” (privato, però, della produzione bassissima che caratterizzava quel lavoro). Allo stile tipico degli Arckanum, poi, si sono venute ad aggiungere alcune vaghe influenze death (sentitevi l’intro di “Røkulfargnýr”), probabilmente una reminiscenza del periodo trascorso da Shamaatae nei Grotesque, anni fa. I singoli brani sono tutti ben costruiti, con riff semplici ma efficaci, che vi si ficcheranno in testa per molto tempo. Su tutto, poi, si staglia imperiosa la voce di Shamaatae, che preferisce una sorta di declamato urlato al classico screaming. C’è anche spazio per qualche esperimento al limite dell’ambient come “Blóta Loka”, che riesce ad inquietare ed ipnotizzare l’ascoltatore. Tutto il disco ruota intorno alla dottrina caos-gnostica, della quale Shamaatae è devoto praticante, per cui i testi, anche se per noi incomprensibili, hanno un certo rilievo. In definitiva, un lavoro che farà la gioia di tutti i fan di vecchia data della one man band svedese, ma anche dei blackster di nuova generazione.
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