A parte il demo risalente al lontano 1994, questo “At The Sight Of The Apocalypse Dragon” rappresenta l’unica manifestazione degli svedesi Midvinter. Il gruppo era portato avanti principalmente da Damien Midvinter che, oltre ad aver partecipato a progetti con membri dei Naglfar e con Jon Nödtveidt dei Dissection, in questo album suona basso, chitarra e tastiere. “At The Sight…” è composto da sette pezzi della durata di circa otto minuti l’uno; “De Vises Hymn”, posta a fine disco, è notevolmente più breve e rappresenta l’outro dell’album. Tutte le tracce, quindi, sono dotate di una struttura solida e riescono a trascinarsi per molti minuti, snodandosi tra passaggi melodici e trascinanti e parti più tirate e violente. Particolarmente marcata la venatura epica e carica di tensione, conferita anche dalle tastiere. Queste fanno sempre da contorno alla musica ma riescono a donare quel tocco riempitivo atto ad accompagnare i momenti più atmosferici del disco. Tutto l’album segue la stessa linea compositiva, cavalcate black supportate da una ritmica martellante mai troppo veloce vengono alternate a momenti riconducibili al metal estremo teutonico. Il tutto condito da qualche stacco improvviso, dall’impatto riuscito. Questa varietà d’idee si ripropone puntualmente in ogni episodio non risultando mai stancante bensì sempre ricca di nuove sfumature. Il drumming è dei più classici, nonostante non si ponga mai in primo piano a livello di esecuzione, nella sua semplicità, appare eseguito in maniera magistrale. Una struttura ritmica delle più classiche accompagnata dalle pulsazione del basso, sempre ben distinguibili. Ottima la registrazione, affidata all’ex Death Andy La Rocque, che, nonostante l’anno di uscita del disco, riesce a donare ai suoni una pulizia ed una potenza non indifferenti. L’elemento più incisivo è sicuramente il guitar-work, questo disegna delle trame sempre ispirate e dotate di un’epicità difficilmente eguagliata in futuro. Il sound, per l’appunto, è un misto perfetto tra il classico stile teutonico, condito con venature melodiche 100% swedish. Le vocals vengono eseguite in buona parte utilizzando uno screaming secco e tagliente, non vengono disdegnati, però, momenti dove è il growling ad apparire. Degne di menzione anche le parti dove appaiono le clean vocals, come per donare, se possibile, ancora più tensione drammatica ad alcuni stralci dell’album. Nonostante la bellezza globale del lavoro, particolarmente valide sono le prime tre tracce. Ascoltando solo questi tre episodi siamo in grado di definire l’intero album. E’ evidente come le soluzioni compositive adottate vengano puntualmente riproposte con l’avanzare del minutaggio dell’album. Questo, oltre a conferire un piacevole senso di déjà vu, dona agli oltre sessanta minuti di musica un filo conduttore che va dalle prime note sino ai cori degli ultimi secondi del disco. Un disco da prendere ed ascoltare in blocco per essere trascinati all’interno di un universo fatto di epica malinconia, fatto di cavalcate di un black raffinato ed ispiratissimo. Un disco, sepolto dalla polvere accumulata con il passare gli anni, che meriterebbe di essere riscoperto ed apprezzato da tutti i cultori di queste sonorità capaci di dipingere momenti magici.
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