Dopo sedici anni di carriera, costellati da un gran numero di uscite in vari formati, tra cui ben undici full length ed un album dal vivo, i Runemagick possono a buon diritto annoverarsi tra i padri fondatori del death/doom, un genere che ci ha regalato nel corso degli anni ottimi dischi e ottime bands e che può contare su uno zoccolo duro di estimatori fedeli. “Dawn Of The End” costituisce appunto l’undicesima fatica sulla lunga distanza per il terzetto svedese e, diciamolo subito, non regge il confronto con le migliori produzioni dei nostri (mi riferisco a “Moon Of The Chaos Eclipse” e “On Funeral Wings”). I Runemagick, a differenza di altri gruppi dediti a sonorità dello stesso tipo, hanno sempre mantenuto un sound minimale ed aggressivo, scevro da qualunque influenza eterodossa, ed un’aurea di grezzume underground, che me li aveva fatti molto apprezzare in passato. Questi elementi sono ben presenti anche in quest’opera che però difetta in ispirazione e freschezza compositiva, segnando il passo in più frangenti nei quali la band pare limitarsi a tirare la carretta, citando sé stessa e tutti i più triti stereotipi del genere. Passaggi ultra rallentati alla Esoteric, qualche influenza proveniente dai primi Katatonia e My Dying Bride, riff rocciosi e quadrati che chiamano in causa direttamente Black Sabbath, St. Vitus, Cathedral e Tristitia. Il tutto condito da un vocione catacombale e da una produzione low-fi che rende i suoni pesanti e pastosi. Non siamo di fronte ad un album di scarso valore perché i nostri hanno esperienza da vendere e riescono anche a mascherare con un po’ di mestiere qualche lacuna che, altrimenti, sarebbe stata ben più evidente. Quello che manca è il guizzo di genio, quell’intuizione felice che permette di distinguere un grande album da un album semplicemente discreto. Del resto i Runemagick ci hanno da sempre abituati ad alti e bassi nella loro carriera, alternando ottimi lavori come quelli citati sopra ad altri, decisamente meno riusciti. Aspetto con fiducia le loro prossime releases perché sono convinto che questa band abbia ancora qualcosa da dire e sia ancora in grado di suscitare emozioni profonde esplorando i meandri più segreti dell’oscurità.
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