Dopo il valido “Abandoned Shadows” del 2005, tornano sulle scene i nostrani Faded con un album molto diverso dal suo predecessore, nel quale la band italica esplora territori inusuali ed affascinanti, con risultati convincenti. Abbandonate le influenze vagamente burzumiane, ancora ben percepibili nel precedente full length, i nostri costruiscono quattro brani lunghi e complessi, sospesi tra un black metal dalle venature depressive, momenti soffusi riconducibili ai Katatonia post “Discouraged Ones”, tentazioni avanguardistiche alla Ephel Duath e fughe psichedeliche che chiamano in causa addirittura i vecchi Pink Floyd. L’intento dei nostri era quello di dar vita ad una musica dalle tinte “sbiadite”, priva di colori caldi, ed il risultato è raggiunto in pieno in quanto il riffing circolare ed ipnotico di questo “Essences” è intriso di una malinconia mesta e disperata, che avvolge l’ascoltatore come una ragnatela grigia, dipingendo con lievi tocchi paesaggi autunnali. Non manca qualche difetto: i passaggi più veloci mi sono sembrati poco coesi con la struttura dei brani, e la lunghezza degli stessi (tutti oltre i dieci minuti di durata), seppur funzionale agli obiettivi della band, appesantisce a tratti il fluire delle note. Ma non si tratta di gravi lacune: l’album scorre fluido e risulta sufficientemente compatto e i Faded danno prova di originalità compositiva, oltre che di una buona tecnica esecutiva. Promossi a pieni voti.
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