Ho acquistato questo dischetto degli italiani Mors Tua, band al sottoscritto assolutamente sconosciuta prima d’ora, quasi per caso da Il Male Production ed è una vera bomba. Mai mi sarei aspettato un simile concentrato di tecnica, stile e idee. I Nostri infatti sono fautori di una musica particolarissima e cervellotica e (udite, udite!) sono probabilmente l’unico combo di metal estremo sul pianeta a far uso della tromba. I Mors Tua sono un trio formato da Bloulsauger alla batteria, Elric Blackcrow appunto alla tromba, e Judge Weir alle chitarre, basso, keyboards e voci. Nonostante l’immagine vagamente black, il loro sound è decisamente orientato verso lidi progressivi, pur restando chiaramente estremo sotto ogni punto di vista. I brani hanno tutti strutture molto complesse e l’architettura sonoro-emotiva ricorda quella di gruppi come Solefald, Arcturus, Opeth o gli ultimi Death, con picchi di genialità folle e schizzata che riesce a trasmettere all’ascoltatore una gamma di sensazioni, colori ed atmosfere cangiante e sorprendente, con prevalenza di toni opachi e soffusi, crepuscolari come recita il titolo dell’opera. Qui si raggiungono vertici di poesia pura come nella sublime semi-ballad “Dead Trees And A Winter Romance”, sognante e malinconica come le foglie ingiallite degli alberi in autunno. Molto buono anche l’uso alternato di screaming e clean vocals, queste ultime assai profonde e suggestive. Su tutto regna sovrana e onnipresente la tromba di Blackcrow che si rivela uno strumento struggente e notturno, come il saxofono dei Carpathian Forest di qualche tempo fa, con la non lieve differenza che nel gruppo norvegese l’esperimento era limitato ad episodi ben circoscritti e quasi avulsi dal resto dell’album, mentre nei Mors Tua il suono della tromba permea tutte le composizioni donando alle stesse un tocco unico. Si passa da momenti carichi di pathos romantico ad altri dal mood epicheggiante (verso la metà dell’opener “The Principle” c’è uno stacco che non può non ricordare le musiche degli spaghetti-western di Sergio Leone realizzate dal grande Ennio Morricone) ad altri ancora carichi di feeling gotico e nostalgico (come i tre intermezzi intitolati “Fragment…”, ideali come accompagnamento musicale delle immagini di apertura di qualche film di Tim Burton) e tutto grazie a questo strumento così duttile e insolito per una metal band che tuttavia si integra e si amalgama alla perfezione quelli più tradizionali. Un disco superbo, un vero caleidoscopio di immagini e suoni per un gruppo che meriterebbe di sicuro maggiore visibilità. Consigliato a quanti cominciano ad averne abbastanza della solita minestra riscaldata.
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