Quarta fatica sulla lunga distanza per gli svedesi Pest (se si considera anche l’ep di esordio “Blasphemy Is My Throne”, dalla durata paragonabile a quella di un full length), band che conferma ancora una volta di possedere buone qualità, forgiando uscita dopo uscita un sound il più possibile riconoscibile e personale, pur senza uscire dai confini tracciati anni or sono dai padri fondatori del genere. Partiti come raw black metal band convenzionale e decisamente Darkthrone oriented, i nostri nel corso degli anni hanno inglobato nel proprio songwriting influenze diverse, provenienti in particolar modo da certo black n’ roll alla Carpathian Forest e riscontrabili soprattutto nel precedente album “In Total Contempt”. Questo “Rest In Morbid Darkness” continua per alcuni versi il discorso intrapreso dal suo predecessore, arricchendo la proposta con una buona dose di black/thrash marcio e ottantiano di marca Bathory, pur senza trascurare l’elemento black puro e semplice che continua ad essere ben presente. Un mix tutt’altro che innovativo, che i Pest tuttavia interpretano con convinzione e mestiere (il gruppo è attivo da ormai dieci anni), mantenendo vivo l’interesse dell’ascoltatore grazie a riff il più delle volte freschi ed ispirati. Le tracce migliori sono senz’altro “Bestial Crucifixion” e “Vomit Up The Blood Of Jesus”, oltre alla title track: autentiche rasoiate putride e blasfeme costruite su trame chitarristiche secche ed essenziali, che mi hanno molto ricordato gli Armagedda di “Only True Believers” e i Craft di “Terror Propaganda”. I Pest ribadiscono il loro status di “gregari di lusso”, dando alle stampe un album che, se non può considerarsi fondamentale, di certo farà la felicità dei sostenitori del black metal più ortodosso e tradizionale.
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