I Caladan Brood sono un duo statunitense ed “Echoes Of Battle” è la prima e unica manifestazione della band, un debutto sontuoso anche se non del tutto originale, in quanto l’ispirazione presa a piene mani dai Summoning è palese. Il black metal proposto è atmosferico e soprattutto epico; mentre i Summoning per le liriche si ispirano agli scritti di Tolkien, i nostri prendono spunto da “The Malazan Book Of The Fallen” di Steven Erikson e Caladan Brood non è altri che un personaggio della saga. Il mid-tempo di una scarna drum machine fa da tappeto all’intero album, alternando momenti semplici e monotoni a qualche rullata che spezza l’andamento ritmico, le chitarre sono lontane e minimali, più a conferire profondità alla musica che a prendere il centro della scena. Non mancano alcuni assoli di chitarra, non troppo semplici ma dal sapore melodico. Il cantato in screaming, dalle sfumature tristi e rassegnate, viene accompagnato da cori puliti che di rimbalzo accentuano la componente epica. Infine l’apporto dei sintetizzatori è focale ma non invadente e comunque contribuisce in maniera sostanziale alla melodia dei brani, spesso intrisa di un folk medievaleggiante, rilegando le chitarre a rari cambi di tono qua e là. Il disco è un concept musicale che si ascolta tutto d’un fiato, prolisso ma mai noioso, senza lasciare appigli cognitivi per capire dove ci si trova, come fosse un’unica, lunga traccia (o colonna sonora) composta da vari capitoli. A differenza dei tanti gruppi che hanno tentato di emulare i Summoning, spesso fallendo, i Caladan Brood da un lato mantengono una certa originalità, dall’altro propongono un album qualitativamente buono e coerente, dalla inattesa longevità. Manca, se vogliamo essere pignoli, un po’ di cattiveria in alcuni tratti, in una proposta musicale forse troppo cristallina e pulita. Ad ogni modo, “Echoes Of Battle” è un ascolto obbligato per gli estimatori dei Summoning, nonché per chi voglia avvicinarsi per la prima volta a questo sottogenere riflessivo. Anche chi ha amato la facciata più epica ed evoluta dei Bathory, da “Blood On Ice” in poi, sicuramente ritroverà un po’ dello stile di Quorthon in questa proposta. Solo il tempo ci dirà se la band americana si ripeterà e, soprattutto, se saprà farlo agli stessi livelli di questo convincente esordio, perfetta colonna sonora di battaglie quasi perdute.
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