Quarto album per Nortt, fantasma danese che da qualche tempo si aggira nel sottobosco underground martoriandoci le orecchie con le sue lente e disperate litanie di morte e che ora, grazie all’Avantgarde, sembra aver raggiunto quella visibilità, anche commerciale, che reclamava e probabilmente meritava. Se già nel precedente “Ligfaerd” era possibile intuire un passaggio piuttosto marcato da sonorità ancora in qualche modo legate al black metal verso i lidi incorporei e nebbiosi del più puro e mortifero funeral doom, si può dire che in questo “Galgenfrist” la trasformazione sia giunta a compimento. Il riffing tipicamente black che ancora innervava la forma canzone in un lavoro come “Graven”, dove non era impossibile imbattersi in rabbiose e veloci sfuriate, si è per così dire disciolto in estemporanei e tetri inserti di chitarra, che vanno ad innestarsi in un tessuto sonoro fatto di profondi e compatti tappeti tastieristici, lugubri e insinuanti come la nebbia invernale. La suddivisione in brani di questo lavoro è quasi superflua, perché “Galgenfrist” può e deve essere ascoltato come un unico pezzo, una monolitica, delirante e impenetrabrile invocazione alla morte. Anche la voce, un cantato in growling molto basso e penetrante, è una sorta di strumento tra gli strumenti, che fa la sua comparsa in maniera quasi casuale come un’ombra tra gli alberi di un bosco. Certamente questo disco non deluderà i sostenitori del Nortt sound ed in generale tutti coloro che si cibano delle angosce e delle visioni perverse generate dal depressive più cupo e claustrofobico, ma personalmente mi ha lasciato con qualche perplessità. Innanzi tutto, Nortt ha perso gran parte della sua specificità, che consisteva nell’equilibrare elementi black e passaggi funeral senza che nessuna delle due influenze prendesse nettamente il sopravvento sull’altra. Questo non accade in “Galgenfrist”, il cui andamento pachidermico e fumoso ricorda troppo gli ultimi lavori di Xasthur e Elysian Blaze. Oltre a questa minore originalità, ho avuto all’ascolto la netta sensazione che Nortt sia giunto ad una sorta di capolinea compositivo. L’estremizzazione delle sue tipiche sonorità è arrivata al culmine ed il prossimo lavoro dovrà necessariamente discostarsi da questo, magari recuperando quanto fatto in passato, se il nostro non vorrà cadere nel baratro della mera e sterile ripetizione. Staremo a vedere…
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