Secondo album per gli iberici Dantalion, che prosegue sostanzialmente lungo il percorso tracciato dal precedente debut “When The Ravens Fly Over Me”, pubblicato nel 2006 sempre per Det Germanske Folket, che mi aveva ben impressionato con il suo sound oscuro e disperato. La Spagna non è storicamente mai stata patria di molte valide realtà in ambito black, e questa band, pur non proponendo nulla di trascendentale o particolarmente originale, costituisce una piacevole eccezione in un panorama altrimenti abbastanza sconfortante. I Dantalion sono infatti fautori di un black metal avvolgente ed atmosferico, dalle forti venature depressive, che punta molto sull’impatto emozionale ma che non disdegna qualche escursione in territori più groove e cadenzati. Un paragone si potrebbe fare con “Ond Spiritism” degli svedesi Armagedda. Gli arpeggi melodici alla Shining sono presenti in molti pezzi, ma non mancano passaggi dove sono l’aggressività e la velocità a farla da padrone, grazie ad un riffing serrato, decisamente debitore alla scuola norvegese e finlandese, ma comunque piuttosto convincente. “Call Of The Broken Souls” si presenta come un lavoro molto compatto, composto da canzoni al contempo malinconiche e feroci, tra le quali però pare mancare l’episodio sopra le righe, la song in grado di stamparsi in maniera indelebile nella testa dell’ascoltatore. Ed è forse questo il maggior limite di questo gruppo, che, sebbene abbia finora fatto vedere buone cose, deve senz’altro ancora maturare: l’incapacità di staccarsi definitivamente dai modelli di riferimento e di dare un’impronta più personale alla propria musica. Godiamoci comunque questo buon lavoro, che traccia un sentiero che i nostri dovranno necessariamente seguire in futuro sviluppando ulteriormente alcune soluzioni compositive forse ancora incompiute.
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