Marduk / Ragnarok / Infernal War / Gravestone – 9.05.2018 @ Traffic (Roma)
I Marduk tornano a tormentare l’Italia in occasione dell’imminente uscita del loro prossimo ed ennesimo full-length. Viktoria, così si intitola il disco, infatti uscirà per Century Media il prossimo 22 Giugno.
Arrivo al locale quando i Gravestone hanno già suonato, quindi non riesco ad assistere alla loro esibizione. Purtroppo queste mode italiane di far suonare il gruppo locale, spesso a sue spese, in orari improponibili non smette di sussistere, una filosofia che il Traffic, anche per esigenze di liquidità, sposa da sempre.
Degli Inferna War, invece, riesco ad ascoltare qualche pezzo. La band in questione, polacca, suona un Death Metal granitico e massiccio, con qualche venatura Black, il che li rende particolarmente a tema con la serata in quanto la loro proposta, nonostante le etichette di genere, non si discosta molto da quella dei gruppi che seguiranno. La band presenta due chitarre, un’esecuzione doviziosa e chirurgica, insomma fanno la loro parte senza snaturare il mood della serata. Accompagnano lo scorrere dei minuti, non proponendo niente di eccezionale, forse anche vista l’estrema somiglianza di generi verranno a breve soppiantati dalle loro belle copie, rispondenti al nome di Ragnarok; più loro che i Marduk che hanno una chitarra old school e una batteria più veloce e sono riconoscibili. Buona perizia tecnica quindi, ma poca anima per il combo polacco.
In realtà ero curioso di ascoltare più di tutti i Ragnarok, che con un album come “Arising Realm” hanno fatto la storia del Black Metal, proponendo una musica sì ferale, veloce e melodica, tipicamente scandinava, ma anche la novità degli inserti di tastiera, mai banali o invadenti, e un riff di chitarra melanconico e ispirato, che poi come vedremo non verrà riproposto sempre in maniera riuscita come nel loro secondo disco. Una interpretazione che andrà ad influenzare anche una parte di scena finlandese, tipo Behexen, Satanic Warmaster e compagnia bella. All’epoca, va ricordato, c’era Shagrath alle tastiere, che qualche anno prima aveva fondato i Dimmu Borgir. I Nostri annovereranno anche il buon Hoest alla voce, ma in un periodo di minore ispirazione musicale. C’è molta storia del genere nel gruppo norvegese, anche se è rimasto spesso nella parte ombrosa della notorietà.
Oggi della formazione originale è rimasto solo Jontho, un ottimo batterista per l’epoca che ha guidato la sua creatura negli anni, anche in quelli più bui in cui il genere era davvero di nicchia, rilegandosi ad oggi dietro al microfono. A parte Bolverk, l’arcigno e privo di collo chitarrista della band (dal 2010), che ha una certa somiglianza estetica con Kerry King, la sezione ritmica è praticamente di recentissimo ingresso. Con questa formazione i Ragnarok convincono, da subito esibendo una prova maiuscola e trascinante. Il loro Black Metal, evocativo e dalle melodie malsane e dissacranti, riesce a risultare d’impatto grazie alla batteria martellante, marchio di fabbrica della band, ad un’esecuzione incisiva e al cantato del buon Jontho davvero ispirato e violento, anche se con l’avanzare del live la voce tenderà a calare inesorabilmente fino ad uno stato di sufficienza. I ritmi sono indiavolati, e l’atmosfera si riscalda anche grazie al pubblico nutrito e alla areazione del locale non all’avanguardia, per usare un eufemismo. I pezzi proposti sono pescati dalla ricca discografia della band, chiude il trittico “Infernal Majesty”, “It’s War” e la più recente “Blackdoor Miracle”, confermando un’esibizione equilibrata ed emozionante nei tratti più semplici e Black oriented, almeno per i miei gusti.
I Marduk si fanno attendere un po’, quando un’intro snervante e infinita viene lanciata sotto le soffusi luci del locale. C’è anche il momento goliardico di una rissa tra subumani che infastidisce i momenti subito antecedenti l’entrata sul palco dei Nostri. Avevo già studiato la scaletta e attendevo l’inizio del concerto del combo svedese perché ci aspettava un inizio spaccaossa, ovvero “Panzer Division Marduk” e “Baptism by Fire” che si rivelano infatti riuscitissime perle in sede live, sempre apprezzabili e trascinanti. Il pubblico, molto numeroso direi, anche rispetto alle precedenti discese in Italia dei Marduk, risponde bene. Poi c’è “The Blood Beast” dall’ultimo album Frontschwein che a me non ha fatto impazzire, noioso cliché tra l’inizio concerto e “Of Hell’s Fire”, che viene da un disco capolavoro come Nightwing. Ho notato che sia Frontschwein che Viktoria, di cui i Marduk suoneranno alcuni brani in anteprima, si rifanno esplicitamente a Panzer Division Marduk, mettendo un po’ da parte quell’alone Religious che aveva portato Mortuus col suo ingresso in formazione a favore di un approccio diretto e guerrafondaio. Onestamente, nonostante la bontà dei brani nuovi, questi non riescono a reggere il confronto col passato.
Fredrik Widigs, l’attuale batterista è mostruoso per tecnica e velocità di esecuzione, e durante brani ritmicamente indiavolati come “Throne Of Rats” dimostra tutte le sue qualità. Anche Morgan pare in forma, essenziale ma efficace; invece mi è parso un po’ sottotono Mortuus, che sta arrivando inesorabilmente al livello di Legion quando lasciò la band, dopo tante urla e col passare degli anni il ruolo di frontman è difficile da reggere a questi livelli. A differenza di Legion, che io ho sempre preferito per la sua unicità vocale e la sua schiettezza d’immagine, anche eccessiva e pacchiana a volte, il buon Mortuus ancora non ha la proverbiale pancetta da alcolizzato. Vedremo come andrà a finire…
Tornando al concerto, onestamente non giudico negativa l’esperienza, però avrei preferito ascoltare i brani più datati, estratti da Those of the Unlight, Opus Nocturne e Heaven Shall Burn… Il materiale nuovo non è da buttare su disco ma è innegabile che non sia nemmeno unico o da ricordare dal vivo, come invece sono le pietre miliari del passato, scandite da una minore perizia tecnica, è vero, ma caratterizzate da una composizione ispirata e inimitabile, che poi verrà copiata da molti gruppi, non a caso.
Scaletta Marduk: Panzer Division Marduk, 2. Baptism By Fire, 3. The Blond Beast, 4. Of Hell’s Fire, 5. The Levelling Dust, 6. Werwolf, 7. Cloven Hoof Deathmarch, 8. Throne Of Rats, 9. Between the Wolf-Packs, 10. Burn My Coffin, 11. Equestrian Bloodlust, 12. Wolves, 13. Into Utter Madness
A fine concerto i Ragnarok, Jontho e il grande Bolverk in particolare, sono a farsi una birra in mezzo alla gente, fuori dal locale, ed ho apprezzato la voglia che porta questi musicisti a fare quello che fanno, guidati – come dicevo poc’anzi – dalla mera passione. I Marduk invece si rifugiano subito sul pullman, con un atteggiamento da star. La serata è nel complesso riuscita direi, con tanta gente e musica apprezzabile, mi è rimasto l’amaro in bocca per non aver ascoltato un paio di canzoni: “Sulphur Souls” e “Materialized in Stone”, inspiegabilmente escluse dalla setlist.