Curse Upon A Prayer – The Three Woes

0
1516

Finlandesi e attivi dal 2010 i Curse Upon A Prayer hanno alle spalle due lavori sulla lunga distanza: “From The Lands Of Demise” e “Rotten Tongues”, pubblicati rispettivamente nel 2014 e nel 2015. Pare che la band proponga un concept anti-islamico, che si manifesterebbe soprattutto nelle esibizioni dal vivo attraverso profanazioni del Corano, anche se l’immagine e le liriche sembrerebbero ricondurre i nostri verso i più consueti lidi di un satanismo filosofico, lungo una via simile a quella percorsa da gruppi come Watain, Katharsis o Glorior Belli nel corso degli ultimi anni. E anche dal punto di vista squisitamente musicale i Curse Upon A Prayer si fanno parecchio influenzare, consapevolmente o meno, dalle bands appena citate, come appare evidente all’ascolto di questo “The Three Woes”, mini di sole tre canzoni, che dovrebbe anticipare l’uscita del full length di prossima pubblicazione e che si pone nel sentiero della tradizione, rispettando scrupolosamente le regole non scritte del black metal più ortodosso, con particolare riferimento al sottogenere religious: linee di chitarra ultra distorte e ingarbugliate, ritmiche spezzate che seguono geometrie bizzarre, muro sonoro oscurissimo e caotico, screaming demoniaco e salmodiante, con in più qualche melodia “made in Finland” qua e là. Insomma i consueti ingredienti per la consueta ricetta, che nel caso dei Curse Upon A Prayer non risulta un capolavoro di alta cucina ma rimane comunque un piatto più che dignitoso: se l’opener “Let Thy Kingdom Come” è il pezzo più aggressivo e violento del lotto, è però anche quello più scolastico e meno efficace, mentre invece le seguenti “Thou Shalt be Cursed” e “Woe! Woe! Woe!” sono più lente ed insinuanti e si sviluppano come subdole e striscianti litanie di morte, riuscendo ad avere a conti fatti una maggiore presa emotiva. Tirando le somme, questo “The Three Woes” è un lavoro che supera pienamente la sufficienza: nulla che non si sia già sentito abbondantemente e che non sia già stato fatto (e sicuramente anche meglio) in passato, ma comunque suonato con convinzione e dedizione. Un ascolto non è sconsigliato, anche se sinceramente dubito che questo ensemble possa riuscire ad elevarsi al di sopra della media anche in futuro.