I Satyricon fanno parte di quella ristretta cerchia di gruppi che ha gettato le basi per il black moderno, fino a “Rebel Extravaganza” compreso la loro discografia si è mantenuta su livelli alti, riuscendo a proporre un black ferale ma allo stesso tempo trascinante, con una decisa impronta personale. Ovviamente gli anni passano ed è difficile rimanere ancorati ad una concezione di musica senza compromessi, già il precedente “Volcano”, ormai risalente a quattro anni fa, mostrava una svolta stilistica non indifferente. Un cambiamento che fece approdare i nostri in lidi più commerciali, composizioni cariche di groove e decisamente più rock oriented rispetto al passato. Dov’era finita quella furia cieca e quel tocco di classe, quella capacità di incidere su disco note magiche e cariche di pathos? Se “Volcano” poteva essere un avvertimento ben evidente ed esplicito, con questo “Now, Diabolical” la conferma dei timori che si erano creati c’è tutta. Mentre Frost suona nel gruppo che è la logica continuazione del primo sound targato Satyricon, ovvero i 1349, per gli autori di “Dark Medieval Times” il percorso intrapreso è stilisticamente molto differente.E pensare che una svolta simile l’hanno intrapresa i Darkthrone” con “The Cult Is Alive” ma con ben altri risultati. Appare abbastanza evidente come l’amicizia tra i componenti dei due gruppi abbia portato ad un’influenza reciproca ma allo stesso modo è evidente come la fottuta sporcizia del suono, il riffing ispirato e l’attitudine ottantiana presenti nell’ultimo Darkthrone siano molto meno presenti in “Now, Diabolical”. Partiamo con due tracce molto orecchiabili, la tilte-track e “K.I.N.G.” (il singolo) risultano molto accattivanti, il suono è come fosse ovattato, il drumming forse un po’ anonimo e piatto ma comunque preciso. Sono pezzi che fanno subito capire lo stile dell’intero disco, sicuramente discreti ma non aventi nulla a che vedere né con i vecchi Satyricon né tanto meno con il black. E’ come se fosse stato utilizzato qualche accordo di più largo consumo, in maniera magistrale peraltro, per accontentare la fascia di pubblico conquistata col precedente album, il tutto con chiari riferimenti al nuovo black’n’roll darkthroniano. E’ anche abbastanza evidente la somiglianza di alcuni passaggi con il sopra citato album dei connazionali Darkthrone”, il tutto è però ammorbidito e sedato dalla produzione impeccabile ma spenta. Durante “The Rite Of Our Cross” viene tentato un songwriting più cattivo ed ogni tanto si torna a pestare sull’acceleratore, peccato che il risultato non sia sufficiente… il tutto risulta contaminato da quell’atmosfera plastificata che aleggia per l’intera la durata del disco. Poi arrivano anche i soliti riffoni cadenzati e carichi di groove alternati a stacchi acustici a rendere il pezzo ulteriormente mieloso e appiccicaticcio, come per mescolare in una singola song tutto quello che ancora potrebbe tirare del gruppo. Fino a questo punto dell’album la flebile tenuta del disco è data sicuramente dalla classe di Satyr, è evidente che di capacità compositive ne abbia, peccato che la piattezza dell’album inizi a fiorire in maniera imbarazzante. “Delirium” e “To The Mountains” iniziano così un capitolo più atmosferico e ambient, questo dolce suono si fonde con la riproposizione del riffing ammiccante di prima. L’ultimo pezzo addirittura propone classici accordi puramente black in veste melodica e commercialissima, immersi nelle tastiere. Le vocals sono stilisticamente ancorate alla riproposizione della stessa formula espressiva, qualche verso in screaming che segue il ritmo trascinante della batteria. Adesso, traendo qualche conclusione, si può accettare un certo cambiamento stilistico, la cosa che fa innervosire è il voler puntare tutto su una svolta commerciale della proposta. Quello che danneggia di più l’album è il suono volutamente inadatto ad accompagnare le composizioni, una parodia di quel sound che sarebbe stato invece ovvio adottare. Così si finisce per rendere tutti i pezzi privi di carica, certo molto più orecchiabili e soft, ma privi di personalità. Un disco dove sono i mid tempos a padroneggiare, le composizioni varie ma volutamente semplici e di facile assimilazione. A conti fatti la classe dei Satyricon rimane evidente, peccato che sia sepolta da un ammasso di macerie che non permette a questa vena espressiva di uscire fuori con tutta la sua potenza. “Now, Diabolical” non è così malvagio, allo stesso tempo rappresenta una delusione per chi si aspettava più coerenza da parte dei nostri. Sinceramente non saprei come giudicare il lavoro, mi limito perciò all’esposizione della mia personale idea, questo è post-black commerciale, anche se a tratti oscuro ed evocativo… prendere o lasciare, a voi la scelta.
Sign in
Welcome! Log into your account
Forgot your password? Get help
Password recovery
Recover your password
A password will be e-mailed to you.