Una processione funebre che avanza lentamente nell’aria gelida e plumbea di un mattino d’inverno, tra le note dolenti delle campane a morto che si diffondono nella nebbia più grigia ed impenetrabile. Le pareti umide e verdastre di una stanza incrostata di muffa e ragnatele nelle quali si impiglia senza via di scampo l’anima dolente e disperata di un’umanità senza più futuro. Queste le immagini e le sensazioni suscitate da questo splendido debut dei tedeschi Regnum, monicker dietro al quale si cela il factotum F. Nachzeher. Dopo la consueta trafila di demo e split cd, l’onnipresente Total Holocaust Records pubblica quest’opera pregna di sofferenza, un autentico gioiello nero, in edizione limitata a cinquecento copie. La musica dei Regnum è accostabile al debut dei danesi Nortt, ma senza indulgere in songs dal minutaggio insostenibile, questa band nell’arco di una mezz’ora scarsa riesce a regalarci buio, dolore e alienazione allo stato puro in composizioni curate e levigate, praticamente perfette, che, nella loro semplicità e linearità, mi hanno ricordato da vicino la ricerca formale dei Khold. Le chitarre sono un lamento distorto che si diffonde come un’aura malefica, la voce è una nenia acida e filtrata di morte, morbosa e ammorbante, il basso e la batteria pulsano come da un’altra dimensione fatta soltanto di cenere e desolazione. Inutile citare un pezzo rispetto ad un altro, tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, l’intero album è un cantico ininterrotto di depravazione e solitudine suicida. Chiamatelo depressive, chiamatelo funeral doom, chiamatelo come vi pare, ma finché ci saranno album di questo livello, capaci di riassumere ed esprimere in note l’umana sofferenza, ritengo che questo filone del black metal possa continuare a fiorire e a partorire dal suo bulbo oscuro i suoi aborti malsani e disgustosi. Un’epitome di malinconia nera come l’oblio della morte.
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