A tre anni di distanza dal precedente “Iš Kartos Á Kart?” tornano i lituani Obtest con il loro quarto album. Il gruppo di Vilnius non sembra voler modificare nemmeno di una virgola il proprio stile e, nonostante il cambio di label ed il passaggio dalla connazionale e semisconosciuta Ledo Takas Records alla ben più importante Osmose Productions, continua a proporre il proprio metal quadrato e granitico a metà strada tra black, pagan e power. I nostri concepiscono l’epicità in modo non dissimile dai Finntroll: assalti al fulmicotone, potenza e velocità e un’attitudine “festaiola” che permea quasi tutti i pezzi, per lasciar spazio solo raramente a qualche momento più malinconico o riflessivo o a sprazzi solenni sulla scia di Nomans Land e Thrudvangar. Rispetto al lavoro precedente, che era divertente e nulla più, questo “Gyvybës Medis”, seppur nella sua totale immobilità, mostra qualche spunto di maggior interesse. Per esempio una maggior frequenza di parti in mid tempo, che rallentano il ritmo e conferiscono ampio respiro ai brani, ed anche la maggior consapevolezza con cui la band maneggia l’elemento metal classico, sia nei riff che negli assoli, che ricordano da vicino i Manowar più aggressivi e meno pomposi. Di black in sostanza c’è soltanto il cantato in screaming, peraltro piuttosto monocorde. Se amate il metal dall’attitudine pagan, questo disco potrà riservarvi qualche piacevole sorpresa, ma non aspettatevi nulla di particolarmente estremo: qui siamo lontani anni luce dai vari Enslaved, Falkenbach, Graveland e Iuvenes…
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