Escono per la statunitense Red Stream, gli ungheresi Sear Bliss, gruppo del mastermind Andràs Nagy, alla voce, basso e tastiere, nonché autore di tutte le liriche. La band propone di base un black metal sinfonico, per la verità piuttosto scontato, con alcuni spunti vagamente folkeggianti che vorrebbero trasmettere un feeling epico, ma che risultano invece decisamente inefficaci. Non riescono a creare le giuste atmosfere neppure gli inserti elettronici, pochi per fortuna, che appaiono assolutamente fuori posto e quasi incollati a forza sul tessuto musicale dei brani. I Sear Bliss confermano ancora una volta tutti i limiti della scena ungherese, composta da band anche dignitose e con alcune buone idee, ma non ancora pronte a compiere il definitivo salto di qualità e ad emergere nel panorama del metal estremo continentale (almeno per quanto riguarda la scenal black). Non basta neppure la presenza del deus ex machina Attila Csihar, autore comunque di una prova ben al di sotto delle sue reali possibilità, alle additional vocals in “Birth Of Eternity” e “Shores Of Death”. Sinceramente non sono mai riuscito a capire ed apprezzare quei gruppi che mescolano influenze diversissime (nel caso dei Sear Bliss, sinfoniche, epiche ed elettroniche) creando un gran calderone dove ogni elemento è giustapposto e sfilacciato, senza focalizzare con adeguata precisione la propria proposta e lasciando nell’ascoltatore una sensazione di superficialità e banalità. Ed è un vero peccato perché i Nostri qualche buon momento lo offrono, specie nelle songs più veloci ed aggressive (“Glory To Perdition”, “Dreams Spectre” per fare due esempi), nelle quali evidentemente la band non può gigioneggiare all’infinito come invece fa nel resto del disco. Alcuni passaggi sono addirittura stucchevoli, come quando il gruppo cerca disperatamente di inserire nei brani qualche arpeggio melodico o qualche riff vagamente catchy, risultando soltanto ruffiana (l’inizio di “Blood Serenade” è emblematico sotto questo aspetto). In definitiva un album che si potrà tranquillamente evitare, nell’attesa che dalla terra di Ungheria giunga finalmente una proposta valida ed interessante.
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