I Malhkebre sono un quartetto francese, originario di Tolosa. Dopo aver dato alle stampe un ep (“Prostration” pubblicato nel 2006) ed uno split in compagnia dei connazionali Aosoth (“The Truth Through Salt” edito invece nel 2009), i nostri esordiscono sulla lunga distanza con questo “Revelation”, cd pubblicato in edizione limitata a cinquecento copie dalla nostrana I, Voidhanger Records, etichetta sempre molto attenta nel portare alla luce le realtà più putride che si agitano nel sottobosco underground. La band si proclama fedele seguace di certo satanismo magico ed esoterico di stampo crowleyano, riprendendo concettualmente l’attitudine senza compromessi delle vecchie Legiones Noires e segnando sotto questo aspetto una netta distanza dal black metal di tradizione nordica. Dal punto di vista prettamente musicale i Malhkebre si muovono in territori molto vicini al così detto “religious black metal”, accogliendo nella loro proposta suggestioni provenienti in egual misura dai Deathspell Omega più criptici di “Paracletus”, dagli ultimi – più caotici – Mayhem di “Chimera” e “Ordo Ab Chao” e dai Peste Noire, soprattutto per l’impostazione decisamente teatrale del cantato. “Revelation” è un disco coraggioso, che mette in mostra una certa spregiudicata arroganza nel proporre soluzioni spiazzanti e non in linea con i consueti canoni del genere, ma i cui principali punti di forza, paradossalmente, potrebbero anche essere considerati le maggiori debolezze da parte dell’orecchio meno propenso ad accostarsi a sonorità non ortodosse. Qualunque genere di approccio melodico è bandito: i pezzi sono infatti caratterizzati da un andamento nervoso e spezzettato, con continui stop and go che si susseguono senza soluzione di continuità, dando corpo a dissonanze cacofoniche in grado di disorientare l’ascoltatore e creando un muro sonoro bizzarro e disarmonico. Per avere un’idea del sound dei Malhkebre ascoltatevi la conclusiva “IHSV”: un autentico tour de force di assurdità, droghe e occultismo, che riassume perfettamente tutti i temi dell’album. La frenesia primordiale generata è il tessuto maligno sul quale viene costruito il rituale blasfemo declamato dal singer Eklezjas’Tik Berzerk, con grida spasmodiche e marziali, a tratti recitate ed a tratti dal piglio dittatoriale – una performance canora molto lontana dallo screaming più consueto, che potrebbe in qualche modo essere accostata a quella mitica di Attila Csihar nel capolavoro “De Misteriis Dom Sathanas”. Le liriche sono composte in ben tre lingue diverse: francese, inglese e latino, ad evidenziare una certa patina “colta” che il gruppo transalpino sembra voler sottolineare per risultare ancora più anticonfomista. Le canzoni vere e proprie sono poi inframmezzate da intermezzi dal sapore macabro e sensuale (“Hystérie Révélatrice-Part I”) o da brevi schegge di gusto vagamente industrial (“Dogma”), che vanno a completare il quadro di un lavoro dalle irriverenti ambizioni sperimentali. Un lavoro di non immediata assimilazione, del quale bisogna approvare la voglia di rompere qualche schema troppo consolidato, anche se in qualche occasione questa determinazione ad osare diventa troppo fine a sè stessa, fino a sfiorare un manieristico autocompiacimento. Multi sunt vocati, pauci vero electi!
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