Gli Arghoslent sono una band statunitense nelle cui fila militano membri dei più noti, ed ora sciolti, Grand Belial’s Key. I nostri non sono certo dei novellini; la band infatti è attiva da quasi un ventennio ed ha pubblicato due lavori sulla lunga distanza, “Galloping Through The Battle Ruins” del 1998 e “Incorrigible Bigotry” del 2002, oltre ad un considerevole numero di demo, split ed ep nei più svariati formati, come consuetudine per i gruppi più legati alle loro radici underground. “Hornets Of The Pogrom” rappresenta dunque il terzo full length per gli Arghoslent e certamente la loro uscita migliore, più matura e consapevole. Il combo definisce la propria proposta “Totalitarian Death Metal” e tale etichetta calza a pennello per rendere un’idea tanto della musica quanto del retroterra culturale, filosofico e ideologico che fa da sfondo alla stessa. Gli Arghoslent sono infatti fautori di un death metal epico e melodico, schierato e militante, che in questo disco trova la sua massima espressione dopo le precedenti prove, comunque non disprezzabili. L’elemento epico, ben rappresentato anche dal cover artwork che riproduce un particolare de “La Rivolta del Cairo” di Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson (è tradizione per la band utilizzare come copertine raffigurazioni di quadri a tema guerresco del sette-ottocento), non ha nulla a che fare con i soliti clichès di matrice nordica e pagana, né concettualmente né musicalmente. I nostri recuperano infatti l’eredità del metal ottantiano, andando a rielaborare influenze provenienti direttamente dai primi Manowar e addirittura dai Manilla Road e mescolandole con robuste dosi di death metal marcio, dall’andamento marziale e dal riffing roccioso e crudele, vicino in certi casi ai primi Bolt Thrower. A differenza della band britannica però i nostri hanno un approccio decisamente più melodico, figlio dell’heavy metal classico, la cui lezione i due chitarristi Pogrom e Holocausto hanno imparato a menadito. Il gruppo si lascia quindi andare molto spesso a cavalcate epiche di stampo maideniano, imbastardite da un guitarwork, da growling vocals e da una sezione ritmica tipicamente melodic death (lo stile degli Arghoslent, è bene precisarlo a scanso di equivoci, non ha comunque nulla a che fare con la scuola di Goteborg). In alcuni casi questa formula risulta vincente, come nella title track o nella superba suite “Oracle Of The Malefic Rhizome”, nella quale le trame di chitarra pulita si intrecciano in modo estremamente suggestivo; in altri casi invece, lo schema adottato dal gruppo, per quanto originale e interessante, finisce per diventare sempre uguale a sé stesso e inevitabilmente ripetitivo. Un piccolo difetto che, stante anche il minutaggio non eccessivo dell’album, non inficia più di tanto il risultato finale. Un ottimo lavoro da parte di un gruppo che ha sempre privilegiato l’attitudine e la qualità di una proposta autentica e personale.
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