Già la formazione dei neonati I faceva presagire al capolavoro. Avere alle chitarre Abbath e Ice Dale, rispettivamente in line-up con Immortal ed Enslaved, era il preventivo per un guitar work monumentale, a metà strada tra il gelido ed epico incedere alla Immortal ed il viking più raffinato. Aggiungiamoci l’ex bassista dei Gorgoroth King, che nel gruppo di Infernus curava anche l’aspetto compositivo e che è sicuramente un musicista con alcune idee valide, e per finire in bellezza Armagedda, il drummer degli Immortal precedente ad Horgh ed Abbath. Anche il nome della band è emblematico, quella runa Isa che è sia un album degli Enslaved che, a livello visivo, l’iniziale degli Immortal. Come quinto elemento, per la stesura delle lyrics, c’è Demonaz. Appena parte il disco spicca la produzione, non ne sono al corrente ma presumo sia stata realizzata nei soliti Abyss Studios; fatto sta che il sound è freddo e corposo come quello degli ultimi lavori degli Immortal. L’album è monumentale ma non feroce, si snoda in passaggi di gusto, conditi da solos, arpeggi e poi da parti più monolitiche e lineari. I due aspetti sono figli rispettivamente di Ice Dale e Abbath, due chitarristi molto personali e che hanno uno stile subito riconoscibile. Il drumming mantiene la ritmica sempre a tempi medi, non risultando mai invasivo, si limita a fare il suo lavoro minimo indispensabile. Le trame di basso sono abbastanza articolare e ben distinguibili. Insomma ognuno mette qualcosa di suo in questo debutto. Non possiamo dimenticare le vocals curate da Abbath ovviamente, mi limito a constatare l’ottima prova al cantato, come ci si poteva tranquillamente aspettare d’altronde. I nostri con questo “Between Two Worlds” vogliono tributare Quorthon ed infatti molti aspetti del disco sono riconducibili ai Bathory. L’album si può riassumere come un’alternanza continua tra riff a metà strada fra l’ultimo periodo Immortal, lo stile “motorheadiano” e il thrash più classico e momenti dove predominano composizioni d’atmosfera molto epiche. “Between Two Worlds” ha una parte centrale più ragionata e soffusa, che raggiunge l’apice con la magnifica “Mountains”, contornata da un inizio abbastanza aggressivo, e con la traccia conclusiva (“Far Beyond The Quiet”) dal riffing davvero accattivante. Il disco può rappresentare da un lato l’addolcimento del classico sound black metal verso lidi più accessibili, ma allo stesso tempo dimostra la definitiva maturazione artistica dei membri del progetto, ora padroni dei loro mezzi come non mai. Personalmente avrei gradito qualche parte più tirata; visto che suono e voce erano così palesemente alla Immortal, ho sperato per tutto il disco che si ripetesse una nuova “One By One”, lo ammetto. Purtroppo le divagazioni violentissime mancano, ma ce ne faremo una ragione gustandoci la bella musica che i nostri suonano per oltre quaranta minuti. A chi consigliare il lavoro? per prima cosa a coloro i quali hanno gradito i pezzi più epici di “Sons Of Northern Darkness”, agli amanti dei Bathory e per finire agli estimatori delle trame soliste degli ultimi Enslaved. Come vedete di spunti interessanti ce ne sono a palate, ci sono poche scuse per non apprezzare questo “Between Two Worlds”: un album che dubito possa avere un seguito e che va preso come summa della corrente epic-black scandinava. Il voto vuole premiare un lavoro impeccabile, freddo, ben prodotto, ben suonato e di qualità elevata. Penso che valga la pena di spendere qualche euro per un disco del genere, vista la tanta robaccia che esce ogni giorno bisogna essere selettivi.
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