Benché attivi da circa undici anni, non si può certo dire che gli austriaci Vobiscum siano un gruppo molto prolifico. La band capitanata da C.G. Dunkelfürst, anche a causa di una line up da sempre instabile, dal 1997 ad oggi ha prodotto soltanto tre album, ma di grande valore, privilegiando quindi la qualità rispetto alla quantità. “Berchfrit” continua il discorso intrapreso nel precedente full length, il ruvidissimo “Christenblut” del 2004, e lo estremizza ulteriormente recuperando sonorità tipiche dell’old school black metal norvegese dei primi anni novanta. In questo lavoro troviamo infatti trame chitarristiche criptiche ed oscure sulla scia dei primi Abigor (dai quali i nostri riprendono più di un’influenza fin dai tempi del debutto “Traum Ewiger Finsternis” del 1998), ma anche una buona dose di odio e malvagità in musica, che si traduce in riff gelidi e taglienti come lame di rasoio, non lontani dai defunti Det Hedenske Folk o dagli Immortal di “Diabolical Fullmoon Mysticism”. L’impatto del guitarwork è reso ancora più dirompente da una produzione per nulla casereccia, ma anzi decisamente potente e precisa, anche se grezza al punto giusto. I passaggi veloci sono quelli meglio riusciti, accompagnati da un drumming forsennato ma chirurgico, mai confusionario. L’opener “Tursenstein“ e la furiosa “Nordland” sono un autentico vortice sonoro, una tempesta di neve che vi colpirà con i suoi mille aghi ghiacciati. Personalmente ho trovato diverse analogie tra questo lavoro dei Vobiscum ed alcuni dischi partoriti negli ultimi anni da diversi gruppi della scena del Nord Est nostrana (Lorn, Chelmno, Neldoreth, Near): una rielaborazione non originale ma comunque efficace degli stilemi classici del black metal più ortodosso, non scevro però da pathos, atmosfera e carica emotiva. Indubbiamente da ascoltare.
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