Uruk-Hai è un progetto ambient di un oscuro personaggio che risponde al nome di Hungin sul quale non sono riuscito a trovare alcuna notizia se non che dovrebbe essere di origine austriaca. L’opera in questione è composta da un’unica lunghissima suite intitolata “Fangorn – A mystical journey in four chapters”, divisa, appunto, in quattro parti che vanno a comporre un unicum sonoro ed emozionale privo di soluzione di continuità. L’ambient del Nostro è assai minimale e con lievissime variazioni ed è facilmente accostabile a “Daudi Balrs” di Burzum come pure ad alcune cose meno medievaleggianti del primo Mortiis, ma mi ha ricordato soprattutto, a livello di mood generale e sensazioni, i Cernunnos Woods. La prima parte “Enter Fangorn” si apre col rumore cupo di tuoni in lontananza, che preparano all’ingresso nel regno magico della foresta di Fangorn, per poi sfociare in lievi linee di tastiera dall’andamento sognante e magico. Inutile dire che la principale fonte d’ispirazione per questo disco è costituita dal “Lord of the rings” di J.R.R. Tolkien oltre che dalle saghe nordiche e dalla mitologia celtica. La seconda e la terza parte “The spirit of the wood” e “Elvenpath” sono molto atmosferiche ed ispirate. Le sensazioni trasmesse sono alquanto “spirituali”. Pare davvero di essere in una foresta oscura e tetra popolata da presenze inquietanti e soprannaturali, con il presentimento che qualcuno o qualcosa possa d’un tratto balzare dall’ombra. Questo senso di attesa è peraltro stemperato dai rassicuranti rumori della Natura, come quello della pioggia che cade sui rami e le foglie, registrato probabilmente in presa diretta, che ritorna più volte inframmezzato da parti di tastiera molto semplici ma decisamente evocative. La quarta parte “A light into the darkness” riprende circolarmente il motivo iniziale e l’opera si chiude su una nota di speranza, appunto, una luce nell’oscurità. Gli aspetti negativi di quest’album sono l’eccessiva ripetitività e la semplicità delle soluzioni adottate che potrebbero portare qualche ascoltatore meno avvezzo a proposte di questo genere alla noia, anche per la lunghezza del disco. In definitiva un buon lavoro, non originale ma denso di sensazioni ed assai evocativo.
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