I Vlad Tepes sono un duo transalpino composto da due loschi figuri rispondenti ai nomi di Wlad Drakksteim (voce, chitarra, batteria) e Vorlok Drakksteim (voce, basso), dedito ad un true and raw black metal che più marcio, sporco e misantropo non si potrebbe immaginare. Il gruppo in questione vanta una rispettabile militanza nella scena underground francese, tanto da assurgere per molti al ruolo di vera e propria cult band, ed appare ben deciso a restare saldamente ancorato a questa dimensione di nicchia, conservando lo spirito più autenticamente anti-umano della musica nera. “The black legions” non è nient’altro che la raccolta di due demo del gruppo, “Black legions”, risalente al 1995, e “Dans notre chute”, sempre del 1995, oltre ad un singolo pezzo, “Massacre song from the devastate lands”, apparso in una compilation, anch’essa intitolata “Black legion” e anch’essa del 1995. La registrazione di questo lavoro è assolutamente (e volutamente) casalinga, la produzione è inesistente (più di una volta le songs si interrompono bruscamente sul finale), gli strumenti si distinguono a fatica l’uno dall’altro e creano un pastone sonoro a tratti veramente difficile da digerire, la batteria è pressoché ridotta ad un vago rumore di sottofondo e la voce gracchia e urla, colma di una malvagità quasi palpabile, per l’intera durata del disco, sollevandosi a fatica dalla selva di suoni, sibili e quant’altro. Detto questo, mi pare evidente che un prodotto del genere non vada considerato e giudicato in relazione alla perfezione dei suoni ma piuttosto valutando la sincerità e la reale attitudine della band che, nel caso dei Vlad Tepes, è indiscutibile. La prima parte del cd è occupata quasi interamente da covers di gruppi quali Mutilation, Belketre e Brenorivrejorkre (chi li conosce?) e, pur nel marasma sonoro più completo, è possibile apprezzare i riffs groovy e trasheggianti di “Under ardailles night” o l’atmosfera cupa e disperata di episodi più cadenzati, quali “Transylvania”. Nella seconda parte la registrazione non migliora di molto, ma il gruppo sfodera un gusto “melodico” (pur nell’ambito di composizioni che restano comunque grezzissime) ed alcune idee veramente buone che rimangono tuttavia in gran parte a livello embrionale, anche perché sommerse dalla qualità dei suoni, decisamente scadente: ma è questa la strada che la band ha deciso di battere e ai Vlad Tepes va, per l’integrità e l’onestà dimostrate, tributato il giusto rispetto. La proposta dei Nostri è accostabile ad una sorta di ibrido primordiale tra i Darkthrone più selvaggi degli esordi (“Under a funeral moon” docet) e le sfuriate più trash oriented di gruppi quali Celtic Frost ed Hellhammer: insomma black metal all’ennesima potenza. Molto buona è “In holocaust to the natural darkness”, dove la voce sembra, a tratti, ricordare i timbri più oscuri ed il mood più agghiacciante di Attila Csihar nel DMDS. Un piccolo gioiello di culto dunque, da conservare gelosamente e con una punta di commozione e rammarico, per ricordarsi cos’era e cosa dovrebbe essere il black metal, visto anche, purtroppo, cos’è in molti casi diventato.
Sign in
Welcome! Log into your account
Forgot your password? Get help
Password recovery
Recover your password
A password will be e-mailed to you.