Davvero una bella ed inattesa sorpresa questo “The Death Of The Spirit”, disco di debutto assoluto per Blódtrú, one man band finora sconosciuta, proveniente dalla Danimarca, dietro la quale si cela il factotum Trùa, personaggio evidentemente schivo (il sito internet del progetto è particolarmente scarno e minimale) che ci tiene a non mettersi troppo in vista, il che me lo rende già simpatico. Quest’album è un concentrato di black metal tradizionale ma decisamente ben suonato e concepito, che non ricerca l’originalità a tutti i costi ma che riesce a coinvolgere emotivamente grazie ad atmosfere al tempo stesso gelide e ricche di pathos, avvolgenti e tragiche. I numi tutelari Darkthrone e Gorgoroth fanno sentire pesantemente la loro influenza sulle composizioni che, tuttavia, non rasentano mai il plagio ma, al contrario, mostrano tutta la personalità di questo artista che con soluzioni semplici ma efficacissime cattura l’attenzione dell’ascoltatore per tutta la non breve durata del lavoro. Nessun calo di tensione, nessuna facile melodia, nessuna contaminazione; soltanto ottimi riff che si susseguono e che spesso sfociano in un mood epico e nostalgico, austero e disperato. Non siamo alla stregua dei connazionali Angantyr (la più fulgida realtà del panorama black danese), ma anche in questo lavoro si respira un feeling paganeggiante, ulteriormente sottolineato da testi orgogliosamente anticristiani. Al di là delle tematiche trattate è però senz’altro l’aspetto musicale a convincere pienamente: un black metal sottilmente malefico, dall’andamento quasi cantilenante, dall’afflato ancestrale, dai suoni grezzi e sporchi come si conviene. Ottime anche l’intro e l’outro, anche se è improprio definirle in questo modo dal momento che si tratta di due brani a tutti gli effetti, lunghe suite di chitarra acustica e voce molto flebili e “ambientali”, che incorniciano la furia dei pezzi centrali e stemperano in un accorato sconforto la violenza espressiva del resto dell’album. Se devo fare un paio di paragoni dico Throne Of Ahaz per quanto riguarda i pezzi più tradizionali e Wrath per l’accostamento tra old black metal e momenti latu sensu “ambient” (accostamento che personalmente adoro). Trùa è probabilmente uno di quegli artisti che possiedono la genialità indispensabile per sfornare capolavori pur nel rispetto delle regole non scritte e autoimposte del genere nel quale si inseriscono (cosa difficilissima). Sarà il tempo a darcene la conferma, per ora godiamoci questo superbo campionario di dolore in musica.
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