Le Astarte sono da sempre una band mediocre, portata avanti soltanto dall’immagine della cantante Tristessa, che si prende anche il compito di tirare avanti il carretto, riuscendo inspiegabilmente (ma non troppo) ad essere circondata da elementi famosi o almeno bravi nel loro ruolo. In questo ultimo disco troviamo come ospiti l’inflazionato Attila Csihar, Angela Gossow (Arch Enemy), Henri Sattler (God Dethroned) e Nicolas Sic Maiis (Lloth). Dico subito, almeno chiudiamo il capitolo circa le comparse, che il ruolo di questi ospiti è davvero marginale ed inutile. Per mettere le cose in chiaro, in questo “Demonized” salvo soltanto due aspetti, il professionale e ferale drumming (eseguito da un session drummer) e l’ottima prova della chitarrista Hybris, la vera mente pensante della band. Per quanto riguarda la biondona di facciata, Tristessa, devo dire che delle vocals così pessime era da tanto che non avevo il dispiacere di ascoltarle. Nonostante la leader della band tenti in tutti i modi di imitare Angela Gossow, le sue corde vocali non reggono una timbrica così estrema, anzi, a dire il vero la timbrica ricorda vagamente quella dell’ottima Cadaveria, in questo caso privata di ogni espressività e potenza ovviamente. La cristallina produzione, scelta pessima a mio avviso, rende le composizioni davvero prive di personalità, facendo perdere alla musica ogni possibile atmosfera realmente malvagia. Focalizzando la critica sulla mera musica, devo dire che la proposta in questo caso assume fortissime influenze esterne al black più puro. Le due band che maggiormente hanno condizionato questo disco sono gli Arch Enemy ed i Rotting Christ, i primi per la forte componente di death melodico ed i secondi per alcuni riff più cadenzati e per le reminiscenze black più taglienti. Il pezzo migliore del lotto arriva dopo una opener (“Mutter Astarte”) molto orecchiabile e dal facile ritornello: “God I Hate Them All” è un brano più che discreto, che possiede un guitarwork particolare, forse troppo debitore ai Rotting Christ ma sicuramente sorprendente. Purtroppo i restanti episodi (in tutto il disco è composto da ben quattordici pezzi), non riescono a reggere il confronto col succitato brano, attestandosi su livelli niente più che mediocri. Con lo scorrere della musica questo “Demonized” diventa sempre più noioso ed insipido. I primi due pezzi vengono cancellati dalla mediocrità imperante, la produzione dal sound “finto” finisce per spezzare definitivamente ogni possibile ripresa. Peccato per la componente black accantonata, peccato per alcuni momenti in cui Tristessa appare veramente ridicola (“Whispers Of Chaos”) e peccato per alcune buone idee buttate al vento. Peccato per una marea di ospiti non sfruttati e per una personalità che non viene mai fuori. Ah, peccato per un artwork ridicolo. Possiamo smontare questo tendone da circo, auspicando maggiore buon senso in futuro, almeno per evitare le scelte stilistiche risibili che troviamo in questo derivativo ed impersonale “Demonized”.
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