Ossessivo, dilaniante e angoscioso. Tre parole con le quali potrei definire il debut album dei Mørketida, duo proveniente dalle lande finlandesi intento a farci deprimere con il suo lento e dilaniante black metal di stampo funeral e depressive. O questi ragazzi vivono nella misantropia più nera, odiando il loro prossimo vedendolo come una minaccia all’esistenza, oppure non so spiegare quale motivo spinga questi giovani bifolchi a immergersi in questo contesto funereo e infernale senza fondo o un barlume di luce. “Panphage Mysticism” è black metal lento e oscuro, notte e tenebre, fuliggine e muffa. La copertina minimale con un originalissimo teschio di caprone avvolto dal fumo ci fa gridare al miracolo tant’è la novità e il logo della band che pare scritto a penna da un bambino di dodici anni fa talmente schifo che ci risulta quasi bellissimo nella sua ignoranza. Questo è il biglietto da visita di questi misantropi e, se dovessi fermarmi a ciò, eviterei di perdere tempo con recensione o simili, ma se non tutto è oro ciò che luccica, è anche vero che la copertina non fa un bel libro. L’intro tuttavia non mi lascia un granché di speranza, suoni sinistri di una banalità disarmante aprono le porte del loculo dove si nascondono i Mørketida ed é proprio con la prima e vera canzone, “Invoking The Seventh Moon” che mi soffermo ad ascoltare con più attenzione questo insieme di agonia e disperazione. La registrazione è di quelle old school che non creano fastidio e si lasciano ascoltare senza troppa fatica nel capire se sia una chitarra o una batteria o più semplicemente il campanello di casa o una sgommata dell’auto nell’incrocio qui davanti. I trentaquattro minuti passano lenti, compassati, con accelerazioni centellinate e sfruttate in maniera sapiente; l’inventiva sta a zero e a noi non ci importa nulla, questa è la colonna sonora adatta per chi si vuole autodistruggere, commiserare e piangersi addosso. Non c’è scampo ne tregua, in ogni canzone c’è la morte che aleggia nell’aria con ghignare beffardo. Le vocals e la batteria rimbombano come se provenissero dall’oltretomba, spetta alle chitarre mai dome segnare la strada maestra della perdizione mentale, con linee melodiche sempre convincenti anche se spesso ripetitive, ma il gioco è questo, prendere o lasciare, chi vuole virtuosismi giri alla prossima a destra e poi vada sempre dritto. Un disco che cresce con gli ascolti nei quali si riescono a captare le sfumature più epiche tracciate da Sol Schwarz e la sua malata sei corde; nessun assolo, non ci serve, ma tanto pathos, questo sì. Non è questione di tristezza perché la fidanzatina li ha lasciati o hanno preso un brutto voto all’esame di maturità, i Mørketida sono marci dentro. Un susseguirsi di inni funerei dove “Serpent’s Grail” e “Throne Of Unseens” rappresentano l’angolo più buio di questa catacomba dove, più passano gli ascolti, più è piacevole vivere. “Panphage Mysticism” suona come se fosse uscito in pieno boom anni novanta, la voce tombale (di un guest?) che rimbomba nella nostra testa, chiede misericordia e pietà per un esistenza avara di soddisfazioni, esprimendo l’odio per qualsiasi essere vivente, persino verso il dolce gattino che fa le fusa alla nonnina la domenica mattina. Un disco non per tutti ma per persone che han pelo sullo stomaco e non sorridono da almeno 20 anni, per gente che odia il prossimo come se fosse un nemico omicida e che si sveglia la mattina con la voglia di morire. I ragazzi tirano fuori un debut album di tutto rispetto che, a parere di chi scrive, è tra i debut funeral depressive migliori degli ultimi periodi. Tra le pecche, si può esclusivamente lamentare l’eccessiva omogeneità tra le canzoni, probabilmente voluta, ma che a lungo andare può stancare (avrei aggiunto alla tracklist uno o due pezzi tirati che mai male non fanno al nostro collo già ben rodato), e una produzione un po’ troppo primitiva; con dei suoni leggermente più puliti la fruibilità di questo LP sarebbe stata decisamente maggiore. Tuttavia, come si suol dire, buona la prima, continuando così i ragazzi non potranno che migliorare, sempre che prima non si chiudano in una catatomba!
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