Tornano i finlandesi Sargeist, a distanza di ben cinque anni dal loro precedente full-ength “Disciple Of The Heinous Path”, la band capitanata da Shatraug, affiancato per l’occasione da due membri dei Behexen, si rifà viva con questo “Let The Devil In”. I Sargeist negli anni si sono tenuti attivi con vari split e demo e il loro disco di debutto “Satanic Black Devotion” rappresenta una perla di arte nera senza eguali. Nonostante abbiano sin dall’inizio evidenziato un piglio derivativo, il disco d’esordio dei Sargeist è strutturalmente perfetto nella sua semplicità. Il successivo “Disciple Of The Heinous Path” invece non è riuscito ad eguagliare gli ottimi spunti del suo predecessore. Ma arriviamo a questo disco appena sfornato, “Let The Devil In”: diciamo subito che le differenze sostanziali col passato sono nel suono, ora più potente e moderno (ebbene sì) e nell’ispirazione, che oggi è tornata di grande incisività. Il disco si apre con l’ottima “Empire Of Suffering”, che vomita sull’ascoltatore un riffing dal grande impatto e si sviluppa in maniera minimale ma efficace. La partenza del disco è buona, e a suggellare questo presentimento c’è la successiva “A Spell To Awaken The Temple”, che mostra maggiore complessità rispetto all’opener pur mantenendo intatta la spinta veloce e satanica della band. “From the Black Coffin Lair” rallenta invece i ritmi; i Sargeist sono sempre stati più bravi nella parti veloci che nei tempi lenti, anche se c’è da dire che questa prova non è da buttare via: mantiene un riffing comunque buono e spezza l’inizio del disco immerso nella sua feralità. “Burning Voice Of Adoration” riporta il tema portante del disco in primo piano, carico del suo riffing drammatico e sinistro, ancora contaminato da alcuni midtempos, che sfociano poi in “Nocturnal Revelation”, canzone lenta ed oscura, che risulta per alcuni aspetti un punto debole del disco, forse troppo ripetitiva e senza l’estremismo adeguato per il caso. “Discovering The Enshrouded Eye” rappresenta la ripartenza del disco verso le sonorità classiche della band: non c’è particolare variazione stilistica e l’andamento del brano è sempre ben contraddistinto dalle più classiche riminiscenze novantiane, del black metal degli albori. La titletrack è la summa della carica dirompente dei Sargeist, che oggi sono meno oscuri e rituali rispetto al passato ma forse più drammatici e potenti; il brano riesce a trascinare, in un unico ritmo martellante. Le successive due canzoni non dicono niente di nuovo rispetto a quanto già detto, la prima veloce e letale e la seconda più cadenzata ci conducono alla conclusiva “As Darkness Tears The World Apart”, che è forse l’episodio più brillante dell’intero disco. I Sargeist hanno un po’ abbandonato il loro minimalismo e il loro sound affossato, e si sono avvicinati compositivamente ai Gorgoroth, non riuscendo ancora però a far vivere di vita propria le parti meno tirate. Forse questa è la pecca del disco, che comunque nella sua totalità rimane un’ottima prova da parte della band finlandese, sicuramente sopra la media dei molti lavori di questo tipo usciti negli ultimi tempi: nel suo complesso la nuova fatica targata Sargeist rappresenta un disco dalla struttura minimale come sempre, ispiratissimo a tratti, e con un sound adesso potente e corposo. Di questi tempi l’abbraccio satanico di “Let The Devil In” è consigliato a tutti, anche se rimane il rammarico di un’uscita che, con qualche accortezza compositiva in più, poteva veramente ambire a diventare un disco di culto.
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