I Marduk ormai sono un’istituzione in ambito black. Il loro modo di concepire il genere ha caratterizzato ed ispirato moltissimi gruppi. E’ innegabile constatare come, dopo tanti anni di attività e tanti album alle spalle, i Marduk in alcune circostanze si siano inevitabilmente ripetuti, non trovando nuove idee, soprattutto a causa dell’eccessivo materiale rilasciato. La band aveva mostrato una certa ripresa con “Plague Angel”, un disco sicuramente godibile, e adesso conferma le buone aspettative con questo “Rom 5:12”. Ultimamente la loro proposta era stata contraddistinta da dischi che contenevano i classici pezzi veloci e ferali, 100% swedish-black, alternati ad episodi più cadenzati e funerei, dove venivano proposti quei due o tre riff accattivanti. Questa nuova fatica segue la formula appena descritta, incentivando l’impatto anche grazie ad una prestazione alle vocals che appare molto varia ed ispirata. Non manca una componente “sinfonica” che ogni tanto spunta a sottolineare gli attimi maggiormente oscuri del cd, una scelta particolare ma prevedibile se consideriamo l’attuale formazione della band. Ritengo che i momenti più riusciti del disco siano proprio quelli lenti e mortiferi, degli ottimi tappeti sonori sui quali Mortuus (il vero protagonista di questa nuova uscita) può recitare le sue blasfeme litanie in tutta tranquillità. Le parti più lanciate, invece, danno una sensazione di già sentito… in fondo i giri sono sempre più o meno gli stessi, ma ci vuole anche questa componente perché un disco abbia il caratteristico trademark dei Marduk. Ad ogni modo, è risultata una buona scelta quella di rendere la musica meno caotica del solito, concentrando gli sforzi al fine di esaltare l’incisività di ogni singolo riff. La registrazione è cupa ed equilibrata (con tutti gli strumenti in bella evidenza). “Rom 5:12”, a livello compositivo, è un album molto vario, che conferma la buona salute della band dopo i tanti e sostanziosi cambi di line up. I Marduk, in questa occasione, riescono a stupire senza sbilanciarsi troppo verso sonorità diverse dal loro classico black. Da segnalare la presenza, come ospite, del singer dei Primordial nell’ottima “Accuser/Opposer”, insieme ad “Imago Mortis” la più rilevante traccia cadenzata del lotto. Come pezzo veloce invece mi ha colpito “Through The Belly Of Damnation”, una song dal riffing particolarmente incisivo ed ispirato. Però il vero emblema di questo “Rom 5:12” è “Limbs Of Worship “, un’equilibrata altalena tra il ferale e l’opprimente, con la presenza di elementi di dark ambient che fanno da contorno alla musica e che riprendono il mood di “1651”. In fondo, al solito alone necro ed anticristiano che permea i lavori della band, si fonde in piccole dosi l’influenza stilistica dovuta al religious black. In conclusione questo disco è da considerarsi una proposta destinata in primis agli estimatori più accaniti del combo svedese, ma un ascolto è consigliato anche ai più scettici, dato che la musica non è per niente male.
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