Schizofrenici, deviati, completamente folli, i francesi Helel (Lucifero, in ebraico) sono un trio formato da Zaal, Mz. e Skvm, che sembra avere quale scopo precipuo quello di diffondere caos e distruzione sulla terra attraverso un black metal feroce e disumano, abbondantemente influenzato da pesanti dosi di industrial ed elettronica. “A Sigil Burnt Deep Into The Flesh” rappresenta la prima e finora unica fatica sulla lunga distanza per questo ensemble transalpino: il disco, originariamente pubblicato nel 2009 dalla Debemur Morti Productions e successivamente ristampato nel 2017 dalla Necrocosm Productions, vede ora nuovamente la luce attraverso una collaborazione tra la stessa Necrocosm Productions e la Dead Seed Productions, in formato vinile 7” ed in edizione limitata a centocinquanta copie. Il loro black metal, pur essendo ampiamente contaminato da elementi estranei che ne aumentano esponenzialmente la carica alienante, resta comunque in linea di massima ancorato al lavoro delle chitarre, che macinano riff infernali uno dopo l’altro, in alcuni frangenti anche piuttosto tecnici e rigorosi, dando corpo ad un muro sonoro estremamente compatto e vorticoso, sul quale si stagliano le urla stentoree e disperate del singer.
La componente industriale non può però essere considerata soltanto un orpello avulso dal contesto ed anzi è parte integrante ed essenziale del songwriting (oltre che del concept) in quanto non è limitata a sporadici inserimenti all’inizio e alla fine dei pezzi, come molto spesso accade, ma rappresenta una componente fondamentale della struttura stessa delle songs, che grazie a samples inquietanti ed orrorifici, tappeti tastieristici dal sapore apocalittico ed un sapiente utilizzo di oscuri beats elettronici, acquisiscono un andamento robotico e martellante, ulteriormente esaltato da una drum machine programmata su tempi quasi costantemente iperveloci. Estremo caos strumentale, vocals allucinate e antiumane ed alienazione meccanica: questi in sintesi sono gli ingredienti che caratterizzano i quasi trenta minuti di musica contenuta in questo lavoro di breve minutaggio ma decisamente tagliente e colmo di fredda e cieca rabbia, in un ideale punto di incontro tra Sadistik Execution, The Amenta e certi Samael. Se i Fear Factory avevano usato alla grande l’amalgama tra death metal e industrial per descrivere la supremazia delle macchine su una razza umana ormai destinata ad un’inesorabile decadenza, i loro cuginetti Helel mescolano black metal e industrial per scatenare un’inferno sonoro che fa da fedele specchio ed immagine ai tormenti interiori di anime malate. Gli accostamenti fatti sono altisonanti e potrebbero essere anche giudicati eccessivamente generosi: personalmente ho trovato quest’opera piuttosto convincente per la capacità dei nostri di integrare con naturalezza un sound più tradizionale con tentazioni moderniste, creando una solida rappresentazione di morbosa pazzia in musica.
Letali come un veleno particolarmente tossico, con il loro impasto confusionario a metà tra vecchio e nuovo, che resta sempre in equilibrio senza spingersi mai troppo oltre i confini, gli Helel riescono efficacemente ad inoculare nell’orecchio dell’ascoltatore disagio metropolitano e squilibrio mentale, con credibilità maggiore rispetto a quella di molti altri colleghi ben più blasonati, con l’unico difetto, tutto sommato trascurabile considerata la durata contenuta del lavoro, di indulgere sistematicamente sulle medesime soluzioni compositive ed esecutive. Consigliato soprattutto agli amanti delle commistioni tra black metal e tecnologia.