“Drudenhaus” è la seconda prova sulla lunga distanza dei francesi Anorexia Nervosa, band inizialmente dedita a sonorità industrial/metal ma molto presto approdata ai lidi del black metal sinfonico. Si commetterebbe un grosso errore se si considerassero i nostri come dei meri cloni dei ben più noti Cradle Of Filth. Indubbiamente il gruppo britannico rappresenta un’influenza importante nel sound dell’ensemble transalpino (e non potrebbe essere altrimenti, visto il genere proposto), ma gli Anorexia Nervosa – almeno in questo album – presentano un’attitudine estrema che la band di Dani Filth aveva già da tempo smarrito. Inoltre l’elemento sinfonico è tutt’altro che gothic oriented, concretandosi invece in orchestrazioni magniloquenti, barocche ed oscure. Se si vogliono fare dei paragoni, sarebbe più corretto tirare in ballo nomi come Obtained Enslavement, Enochian Crescent o (perché no?) primi Nokturnal Mortum. “Drudenhaus” era una sorta di campo di prigionia per streghe, costruito nel 1627, per trattenere, torturare fino alla confessione ed infine giustiziare donne accusate di aver avuto rapporti carnali con il demonio. E proprio la tematica sessuale ed amorosa, vista sotto l’aspetto diabolico e malsano e nel suo indissolubile legame con la morte, viene trattata nei testi, vere e proprie poesie scritte in tre lingue (inglese, francese e tedesco – senza che la metrica ne risenta), opera del singer Hreidmarr, che si esibisce in una performance molto convincente, alternando uno screaming feroce a parti recitate ed urlate e conferendo versatilità emotiva alla sua interpretazione. Eccone un piccolo ma significativo estratto, alcuni versi carichi di odio viscerale: “Je ne suis plus que ténèbres et vengeance / Je vous voir décrepir / Puorrir comme les insects répugnants / Que vous êtes tous les uns comme les autres / Dans on abime de merde grouillante / Vous n’êtes que d’immondices / Des larves rampantes”. Benché le tastiere, curate con perizia da Neb Xort, siano onnipresenti e fondamentali per la struttura e lo sviluppo dei pezzi, l’aggressività resta la cifra essenziale di questo disco, che si regge essenzialmente su trame chitarristiche nervose e ficcanti e su un drumming forsennato e spigoloso (davvero convincente la prova dietro le pelli del batterista Nilcas Vant), a formare un muro sonoro impenetrabile e a dare corpo ad un assalto continuo. L’unico vero neo di questo lavoro – che resta comunque l’opera più alta degli Anorexia Nervosa, i quali in futuro non seppero riproporsi sugli stessi livelli qualitativi – è forse l’eccessiva compattezza e ripetitività delle soluzioni adottate, che alla lunga potrebbe risultare fastidiosa per l’orecchio non avvezzo a questo tipo di sonorità. Maestoso, decadente e violento ma anche melodico, suadente ed erotico: nessun fan di vecchia data del black metal sinfonico dovrebbe trascurare questo lavoro.
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