Esce per una etichetta di Shanghai il debutto dei Kolp, duo ungherese dedito ad un black metal dalle tinte depressive. Il disco parte con un riff lento e funereo, dal quale si nota il groove distorto e malsano che ritroveremo in tutto l’album. Dopo alcuni minuti il brano d’apertura assume un andamento martellante e caotico, così come avverrà in alcuni dei seguenti episodi, con una parte iniziale cadenzata e sofferta, in stile doom, che poi lascia il campo alle sfuriate desolanti, che rappresentano solo un espediente nella musica dei Kolp, decisamente più orientati verso andamenti claustrofobici. La registrazione risulta interessante, anche se nei momenti in cui la ritmica acquista velocità appare troppo impastata, come fosse rumore informe. L’approccio della band eccessivamente prevedibile è un punto debole della proposta, che a lungo andare risulta poco brillante. Nonostante il complesso evocativo, con alcune parti rallentate dal sicuro impatto emotivo, “The Covered Pure Permanence” soffre di questa sua staticità compositiva, che non offre più di una manciata di spunti, ovvero la soluzione orientata sul funeral doom e quella sul black più canonico e caotico; senza mai riuscire a fondere queste due entità musicali in un’unica base comune. L’uscita è dunque indirizzata esclusivamente agli estimatori più accaniti di queste sonorità striscianti e distorte. I Kolp possono essere collocati tra quelle novità che colpiscono senza lasciare un segno indelebile e che potranno venire fuori solo con un maggiore affinamento strumentale e compositivo.
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