I Litanie sono un duo di recente formazione proveniente dalla Francia e composto da F. Dèsolation (basso, voce) e F. Gryp (chitarra, voce e batteria). Dopo aver dato alle stampe nel 2011 la split tape “Cadavres” in compagnia dei connazionali Dèsolation (altro progetto del bassista), i nostri giungono al debutto sulla lunga distanza con questo “In Nomine Humana, Tenebris”, che vede la luce in elegante formato digipack ed in edizione limitata a sole cento copie, grazie alla Unligth Order Productions, interessantissima casa discografica impegnata da qualche tempo nello scovare le perle più oscure dell’undeground estremo transalpino. Siamo di fronte ad un ottimo platter di intenso e marcescente occult black metal, devoto alla tradizione e caratterizzato da suoni putridi e polverosi, dai quali paiono realmente trasudare odio e malvagità. Nessuna variazione sul tema scalfisce questo nero monolite, se non l’intermezzo dark ambient “Litaniae Desolationis” e qualche sparuto arpeggio che crea attesa e serve da collante tra un assalto frontale e l’altro. Il che potrebbe rendere affannoso l’ascolto per l’orecchio non avvezzo a tale genere di sonorità e rappresenta invece un’autentica delizia per il fruitore più affezionato alla vecchia scuola. Il riffing zanzaroso e cacofonico ma non privo di sinistre melodie, la batteria pestata senza posa ma sempre in secondo piano, il basso pulsante ed udibile quanto basta per dare corpo a trame funeree, le vocals demoniache e colme di riverberi che sembrano provenire direttamente dall’oltretomba: tutto concorre a creare un’atmosfera lugubre da messa nera come non si sentiva dai tempi di “Rituale Satanuum” dei Behexen. E proprio la band finlandese rappresenta un fermo punto di riferimento compositivo per il gruppo francese, insieme a Katharsis, Svest e primi Watain, con quale influenza derivante direttamente dai vecchi Immortal che si affaccia specialmente nei passaggi più violenti e glaciali (come in “Procession, vero torrente di negatività). I Litanie mettono in scena la loro cupa processione funebre, che si dipana tra cripte maleodoranti e cittadine in rovina, attraverso un sound freddo ed implacabile, ricreando quella magia elitaria che soltanto il black metal scandinavo dei primi anni novanta aveva saputo generare. Il quadro è completato da liriche in francese e latino per nulla scontate, a sfondo esoterico e religioso ma anche sorprendentemente poetiche in alcune descrizioni (“L’ombre de la croix / Qui se dessine sur les sombres toits / Ecrase chaque existence d’une horrible penitence / Puzinac, paradis heretique qui / Comme un lac enhavit les esprits / D’une envie fatidique”). A mio parere “In Nomine Humana, Tenebris” è semplicemente una delle migliori uscite di black metal puro ed ortodosso degli ultimi anni. Da avere senza riserve, anche se si tratta di un lavoro che godrà di scarsissima esposizione.
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