Quarto capitolo sulla lunga distanza della saga Dark Funeral e quarto inarrestabile assalto sonoro in pieno swedish style per uno dei gruppi più amati e seguiti della scena. A differenza di molte altre bands esposte all’attenzione del grande pubblico metal, i Dark Funeral non si sono mai inflazionati, centellinando le loro apparizioni sul mercato con dischi mirati e mai superflui che hanno sempre centrato il bersaglio. Anche questo “Attera Totus Sanctus” non delude le aspettative che si erano accumulate nel lungo periodo trascorso dalla pubblicazione del suo predecessore e si pone come il seguito ideale dell’infernale “Diabolis Interium”, aumentandone se possibile velocità e impatto, proprio come nelle intenzioni dichiarate del gruppo. Le prime quattro songs sono devastanti, malefiche e pregne di odio allo stato puro, specie l’opener “King Antichrist” é uno degli episodi meglio riusciti dell’intera carriera dei nostri. Le trame chitarristiche della coppia Lord Ahriman – Chaq Mol sono vorticose e taglienti e tessono sinistre melodie nei solchi di riffs tiratissimi e roventi come il fuoco dell’inferno. Il drumming di Matte Modin é furioso, possente e preciso, un vero muro di blast beats per quasi tutta la durata dell’album, esalatato ancora di più dalla produzione compatta e pulita targata Dug Out Studios. La voce di Emperor Magus Caligula, sempre più calato nel ruolo di leader del gruppo insieme al carismatico primo chitarrista, é bestiale e demoniaca come mai in passato. Ma questo disco non é solo velocità e potenza, é anche atmosfera oscura e blasfema, come nel sulfureo mid tempo “Atrum Regina”, vera perla del disco, che non mancherà di diventare un cavallo di battaglia in sede live e che riporta alla mente alcune delle cose più egregie composte dai Marduk di inizio carriera. Gli ultimi tre pezzi, spietati ed assassini, sono altrettante colate di diabolica lava, pur essendo questa seconda parte dell’album lievemente inferiore per idee e contenuti rispetto al grandioso incipit. Onore ai Dark Funeral che non vogliono proprio saperne di rammollirsi come molti loro vecchi compagni di avventure e che sfornano un platter assolutamente estremo sotto ogni aspetto, pur se curato e professionale. Certo le eccelse vette dell’inarrivabile debut “The Secrets Of The Black Arts” non saranno mai più raggiunte, ma qui ci troviamo al cospetto di un album di grande valore, conscio della propria schiacciante superiorità sulla media dei prodotti dello stesso genere attualmente in circolazione, che non mancherà di ritagliarsi il suo spazio nella storia del black metal mondiale, come del resto (quasi) ogni uscita a nome Dark Funeral.
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