Rulli di tamburi come ad annunciare una battaglia imminente, corvi che gracchiano presagendo il peggio, rumori di spade sguainate con rabbia e il massacro ha inizio. Non è una scena di un film d’azione ma il brevissimo intro di “Two Carrion Talisman”, secondo studio album degli americani Valdrin. E che album! Finalmente nel marasma di album copia e incolla che mi giungono con sempre maggiore frequenza tra le mani, un gruppo con personalità e idee, anche troppe, da vendere! Tuttavia andiamo piano con i facili entusiasmi, non gridiamo al capolavoro o a qualcosa di memorabile, semplicemente abbiamo tra le mani un validissimo disco di musica estrema che pone le sue radici nel black metal più ragionato e tecnico per poi sviare su più fronti quali l’atmospheric, l’epic e soprattutto una forte base sinfonica che per tutta la durata del lavoro ci farà ricordare, seppur vagamente, i maestri Emperor così come un retrogusto di Dimmu Borgir meno sofisticati e qualche scintilla dei Cradle Of Filth più malvagi. Premesso ciò non pensiamo a un pentolone con i suddetti ingredienti mescolati per fare un miscuglio senza senso; i ragazzacci di Cincinnati, Ohio, han visto bene di crescere a suon di metallo sinfonico e spade giocattolo stile Excalibur, ma sono dotati pure di una certa intelligenza musicale che ha permesso loro di tirare fuori otto canzoni sì complesse ma assolutamente godibili, che portano l’album a un giudizio decisamente superiore agli standard cui mi stavo abituando ultimamente. Per chi ha ascoltato il loro primo validissimo lavoro “Beyond The Forest”, si nota subito un maggiore orientamento alla ricercatezza delle composizioni; ogni canzone, oltre contare svariati cambi di tempo, è intrisa di atmosfere che trascinano l’ascoltatore nelle viscere di un maniero popolato da cavalieri erranti, belle donzelle promesse spose al principe che sta sul cazzo a tutti per i suoi modi spocchiosi e da ruffiano, giullari di corte che non fan ridere neppure un bambino di tre anni e, ovviamente, creature demoniache nei meandri più oscuri delle segrete del maniero.
Nel primo lavoro la maggiore sfrontatezza faceva da padrona, seppur in maniera ragionata ed elegante; qui la musica cambia, ossia il tutto è stato enfatizzato all’ennesima potenza, partendo dalla produzione, potente e pulita, harsh vocals davvero convincenti e incazzate senza eccessivi effetti che portano a snaturare l’effetto malvagità, una base sinfonica utilizzata come riempitivo e mai in primo piano, senza il rischio di prevalere sulle chitarre che tirano fuori riff killer taglienti come le spade dei moschettieri. “Two Carrion Talismans” lo divido in tre parti, se devo essere pignolo quattro. La prima parte formata dai primi due brani, quelli che, a mio parere, spianano la strada a chi ascolta il disco, fanno capire cosa abbiamo tra le mani ma senza approfondire il concetto: rifacendoci al mio vaneggio precedente sono il ponte levatoio del maniero e l’ingresso dello stesso; noi forestieri entriamo, capiamo la grandezza dell’edificio ma non ci addentriamo. Le due successive canzoni ci fanno capire meglio il contesto, l’ ingresso con le grandi scalinate, i lampadari, le sale da pranzo e i corridoi che ci portano nelle residenze serali. I Valdrin qui spingono maggiormente su velocità e su enfasi sinfonica, stilistica e tecnica. Ma è con le successive tre tracce che ci immedesimiamo definitivamente nelle atmosfere oscure e soffuse del castello, tre vere mine antiuomo dove i nostri danno il meglio di sé tra violenza cieca, melodie e classe da vendere.
Basta dare un ascolto a “Crimson Blades In The Ausadjur Wake” per capire che qui la classe non è acqua: chiudiamo gli occhi e le clean vocals, accompagnate dalle chitarre acustiche sognanti, ci trasportano nelle viscere più oscure e fatate dell’edificio, per poi essere interrotte da un ritorno allo scream straziante ed un blast degno di un massacro collettivo, tornando poi a un solo di chitarra da panico. Il quarto ed ultimo step coincide con l’ultima traccia strumentale, degno epilogo della nostra avventura medievaleggiante. In definitiva un album prodotto bene e suonato ancora meglio per una band che se dovesse continuare su questa strada di sicuro si toglierà qualche soddisfazione, regalandoci altri lavori come questo che oggigiorno, scusate, non è poco.