Ad un solo anno di distanza dal precedente “The Ghost Album”, torna la creatura di Narqath con un disco che segue sostanzialmente la scia del precedente lavoro. Si nota un suono che è particolarmente ruvido, l’unico aspetto che fa tornare alla mente i primissimi lavori della band. Per il resto, a parte alcuni stacchi dal forte impatto emotivo, la musica gira attorno a pochi riff di matrice doom, che solo in rare occasioni fanno spazio a qualche accenno più propriamente black oriented. Anche se l’opener “The Hounds Of The Falls” si lascia apprezzare insieme alla bella title track, le restanti tracce risultano insipide e, a lungo andare, anche un po’ noiose. Avviene una ripresa grazie alla lunghissima “Rajalla”, che riesce a sospendere l’ascoltatore nella sua ipnotica e poetica avanzata, ma è solo un episodio isolato. E’ proprio la mancanza di quei picchi creativi che avevano caratterizzato la musica del progetto Wyrd in passato a latitare, in un disco che risulta eccessivamente dispersivo in considerazione delle poche idee proposte. La cover conclusiva ripresa dai Katatonia sottolinea l’avvicinamento progressivo dei Wyrd ad uno stile che però risulta emulato e non pienamente vissuto ed interpretato. In “Kammen” vengono rielaborate anche molte soluzioni stilistiche tipiche dei Wyrd, senza riuscire però a dare una direzione decisa al disco, che con lo scorrere dei minuti si perde nel vuoto. Ovviamente non è tutto da buttare, da elogiare infatti è la capacità di Narqath nel dipingere paesaggi grigi ed immortali, attraverso una musica che finisce sempre per farsi riflessiva ed avvolgente, grazie anche al bel cantato, malinconico e suggestivo tra clean vocals e growling. Questo è dunque un episodio di passaggio che oscilla tra alti e bassi, prolisso e non del tutto convincente, che comunque può essere consigliato a chi apprezza la nuova veste dei Wyrd.
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