Gli Acacia sono un sestetto di recente formazione proveniente dalla Svezia, nel quale militano ex membri di Livsnekad, Shining ed Apati. “Tills Döden Skiljer Oss Ät” (tradotto “finchè morte non ci separi”) rappresenta la loro prima fatica sulla lunga distanza, benchè contenga brani concepiti e composti dal 2009 al 2013, ed è interamente registrato e prodotto dalla band stessa. Musicalmente il gruppo propone una sorta di black/doom metal atmosferico, contaminato da massicce influenze post rock che in diversi momenti prendono decisamente il sopravvento. Ciò che colpisce all’ascolto sono innanzi tutto l’estrema cura formale e la pulizia dei suoni: il che se da un lato esalta la perizia compositiva dei musicisti, dall’altro riduce in parte l’impatto emotivo rivestendolo di una patina sonora troppo levigata. L’intento della band sembra essere quello di allontanarsi quanto possibile dai consueti luoghi comuni legati al filone depressive, dal punto di vista sia lirico-concettuale che prettamente musicale: obiettivo raggiunto soltanto a metà. È ammirevole infatti lo sforzo di non confezionare i soliti, stereotipati inni al suicidio e di dare invece corpo a sentimenti più lievi che raramente trovano spazio in lavori di questo tipo, come la malinconia, la mestizia, la rassegnazione ed anche alla passione romantica. Ad eccezione del primo, i pezzi superano tutti abbondantemente i dieci minuti di durata e sono caratterizzati da numerosi e repentini cambi di tempi, che sembrano però giustapposti gli uni agli altri con la tecnica dell’accumulo piuttosto che amalgamati in un insieme coerente e strutturato: rispetto ai momenti più tirati, attraverso i quali si veicolano rabbia e disperazione, sono assolutamente preponderanti gli squarci melodici, che si concretizzano in lunghi ed ossessivi arpeggi cui si affiancano e si sovrappongono le semplici linee di pianoforte tracciate da Seiya Ogino. Il disco, pur accattivante, non perviene però ad un esito del tutto originale: tirando le somme risultano infatti chiaramente percepibili i rimandi a Katatonia ed Opeth nei momenti più morbidi ed a Nortt ed Evoken nei passaggi più plumbei e catacombali. Non è del tutto nuova neppure l’alternanza tra diversi tipi di cantato, che in questo caso vanno dalla voce pulita ed avvolgente di Christian Larsson, a quella eterea e sensuale di Moa Thorén, al growling profondo e gutturale di Ulf Nylin. Tra luci ed ombre questo primo vagito della creatura Acacia pare ancora non perfettamente maturo e compiuto. “Tills Döden Skiljer Oss Ät” merita comunque più di una fruizione: un lavoro introspettivo, che giocoforza utilizza gli elementi del genere di riferimento, ma dal quale traspaiono quanto meno una certa tensione creativa ed un apprezzabile sussulto di personalità.
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