Gli svedesi War sono nati nel 1995 per volere del chitarrista Blackmoon (noto per la sua militanza in gruppi del calibro di Dark Funeral, Infernal e Necrophobic) e sono stati una sorta di super band, che ha visto tra le proprie fila la partecipazione di diversi personaggi assai conosciuti nella scena underground, come It e All (entrambi attivi in Abruptum ed Ophtalamia), Mikael Hedlund e Peter Tägtgren degli Hypocrisy e, successivamente, dopo l’abbandono di It e All, Lars Szöke (sempre degli Hypocrisy) e Impious degli In Aeternum. Il progetto è oggi defunto e si è trattato sostanzialmente di un esperimento che ha consentito a questi musicisti di esprimersi attraverso sonorità differenti rispetto ai gruppi di appartenenza: un esperimento certo non fondamentale ma a suo modo significativo del fermento del metal estremo nelle fredde terre scandinave nel corso degli anni novanta. “We Are… Total War” è una raccolta del miglior materiale pubblicato dai nostri ed è in effetti una compilation dei due lavori editi dalla band, già da tempo esauriti, ovvero “Total War” del 1997 e “We Are War” del 1999. La musica dei War è un iperviolento war black metal senza compromessi, che fa dell’assalto frontale e della brutalità primitiva le sue uniche forme espressive. Nessuno spazio è concesso alla melodia e non vi è alcuna sperimentazione o variazione sul tema: solo ferocia incontrollata, urla belluine, velocità d’esecuzione, sporcizia dei suoni, scarsissima cura per gli arrangiamenti ed opposizione assoluta al trend teatral-sinfonico allora imperante in ambito black, che prevedeva l’utilizzo di tastiere, voci femminili ed orpelli vari. L’intento è quello di suonare in modo semplicissimo e di tornare alle radici più pure del genere, alla vecchia scuola di Von, Hellhammer e primi Mayhem ed alla furia iconoclasta del thrash ottantiano di scuola teutonica (non per nulla i Sodom vengono omaggiati dalla cover di “Bombenhagel”, ben eseguita). Il tutto si accompagna ad un’attitudine punkeggiante e cazzara, non dissimile a quella che contraddistingueva i Vondur, altra band malata nella quale erano coinvolti It e All: non si spiegherebbero altrimenti le liriche da prima elementare e ad alto tasso alcolico, bellicose ed inneggianti irresponsabilmente al demonio, come nemmeno Glenn Benton nei suoi momenti di esaltazione più delirante. Il rischio monotonia è dietro l’angolo perchè i pezzi sono praticamente identici l’uno all’altro, salvo qualche sporadico rallentamento, ma bisogna riconoscere che questo disco è un bel pugno nello stomaco ed il suo ascolto è comunque consigliato, specie se volete dar sfogo attraverso la musica alla vostra rabbia ed ai vostri istinti più distruttivi. Da recuperare anche come testimonianza storica.
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