Immaginate di trovarvi in una lussureggiante foresta nel triassico, circodati da equiseti giganti e libellule grandi quanto gabbiani: ecco, in un simile scenario avreste la concreta possibilità di imbattervi in qualche arcosauro terrestre o volante e la prima cosa che potrebbe venirvi in mente in quest’incubo antidiluviano (beninteso, prima di essere divorati) potrebbe essere questo demo dei Thecodontion, breve e cacofonico inno al caos preistorico, pubblicato in formato tape in edizione limitata a cento copie dalla misconosciuta etichetta norvegese Gravplass Propaganda ed ovviamente disponibile anche in formato digitale, che in effetti potrebbe essere l’ideale colonna sonora per il pasto di un allegro gruppetto di spaventosi lucertoloni. I nostri sono un duo italiano di recente formazione, del quale fanno parte Stilgar e Heliogabalus, già membri di altre realtà underground come Batrakos e Framheim, dedito ad un metal of death ultra cavernoso, che si lascia influenzare senza nasconderlo minimamente da gruppi quali Blasphemy, Archgoat, Teitanblood, Revenge e simili, con un particolare occhio di riguardo nei confronti dei canadesi Antediluvian, chiamati in causa come fonte d’ispirazione musicale ma anche concettuale (e direi che il combo nostrano riprende più di una suggestione anche dal logo dell’ensemble nordamericano). L’approccio lirico resta comunque abbastanza bizzaro: “Thecodontia” è infatti un’obsoleta nomeclatura tassonomica, oggi in disuso presso la comunità scientifica, utilizzata per classificare un vasto gruppo di sauri, considerati gli antenati dei dinosauri ed anche degli attuali coccodrilli, ed ogni canzone è dedicata ad un diverso tecodonte, tratteggiato nel suo aspetto e nelle sue abitudini con una precisione simile a quella che usavano i Carcass nel descrivere strumenti ed operazioni chirurgiche e tale che sembra davvero di trovarsi faccia a faccia con questi giganteschi e mostruosi predatori che dominavano il mondo milioni di anni fa.
A questo substrato lirico fa da contrappunto musicale, come detto, un black/death ferocissimo, caratterizzato da suoni molto pastosi e da un piglio decisamente grezzo e primitivo (e non avrebbe potuto essere altrimenti, viste le tematiche trattate), reso ancora più primordiale e paludoso dall’assenza delle chitarre, sostituite da bassi ultradistorti che, insieme al vocione gutturale, delineano il quadro della proposta dei nostri, creando una poltiglia sanguinolenta che potrà risultare terribilmente evocativa per alcuni ed invece assolutamente indigesta per altri. Tirando le somme, a mio giudizio “Thecodontia” è un lavoro interessante nella sua breve e ficcante linearità; i nostri non si dimostrano poi così innovativi in quanto sostanzialmente rispettano tutti i dettami e le regole non scritte di un sottogenere di per sé estremamente refrattario ad ogni intrusione esterna, ma in ogni caso mettono in mostra un approccio personale alla materia, il che va certamente apprezzato. Vedremo cosa ci riserveranno in futuro.