Uscito nel 2015 viene distribuito soltanto ora e direttamente dalla band questo “Deus Vult”, debutto sulla lunga distanza dei tedeschi Wolves Den, autoprodotto all’insegna della più orgogliosa attitudine DIY ma assolutamente professionale sotto ogni aspetto, dalla registrazione all’artwork. Dal titolo e dall’immagine di copertina (la morte che contempla alcuni saraceni impalati in un paesaggio desolato) il lavoro sembrerebbe essere un concept sulle crociate ed a questo sostrato lirico fa da buon contraltare un black metal dal piglio maestoso ed epico, che ha nelle trascinanti melodie intrecciate dalla chitarra di Mexx Steiner il proprio indiscusso punto di forza. L’approccio è piuttosto ragionato e la violenza è sempre incanalata in binari classicamente metallici ed in strutture tutto sommato orecchiabili e di immediata presa sull’ascoltatore. Negli episodi più aggressivi (ad esempio l’opener “Gedeith Und Verderb”) si percepisce evidente la lezione di gruppi come Lord Belial e più in generale di tutta la scuola svedese; in altri frangenti (la più cupamente atmosferica “Schwarzes Firmament”) l’andamento solenne pare chiamare in causa in modo deciso gruppi come Kampfar e Ancient Rites; influenze che vengono mescolate ad un gusto apertamente heavy in pezzi come “Dysterborn” o la title track, che, con i suoi cori potenti, mi ha ricordato addirittura gli In Extremo. Tirando le somme “Deus Vult” è un disco nella media, a tratti coinvolgente e forse leggermente troppo scolastico in alcuni passaggi, ma che certamente non sfigura di fronte ad altri lavori recenti nell’ambito del sottogenere di riferimento.
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