Nella scena black metal odierna si è perso molto del coraggio di rischiare che c’era agli albori (e almeno fino ai primi anni 2000): la gran parte dei gruppi, più o meno affermati in ambito underground, tende a percorrere sentieri già battuti in precedenza ed a confortare i fans offrendo loro sonorità già conosciute e accettate ed un prodotto perfettamente codificato e fruibile senza sforzo alcuno. Non è questo il caso dei portoghesi Gaerea, band che appartiene al ristretto novero di coloro che, pur partendo da elementi ben noti, mettono in mostra una certa voglia di osare e comunque una tensione creativa che consente di rielaborare in maniera personale stilemi acquisiti e di elevarsi al di sopra della media dei lavori di un determinato genere, gratificando l’ascoltatore meno superficiale e desideroso di un’esperienza sonora che trascenda almeno in parte i consueti schemi. “Unsettling Whispers” è la loro prima prova di lunga durata e segue a due anni di distanza l’omonimo ep di debutto, pubblicato appunto nel 2016: siamo di fronte ad un monolite nerissimo che non lascia trasparire nemmeno un timido raggio di luce, nel quale, accanto ad un nucleo massiccio tremendamente oscuro e tradizionalmente black, si agitano pulsioni aliene, vagamente sludge e hardcore, organicamente strutturate al fine di creare un vero monumento alla misantropia e al dolore.
È innegabile una certa vicinanza tra la proposta del combo lusitano e quella di alcune tra le realtà più interessanti partorite dall’underground black negli ultimi anni come Mgla, Deathspell Omega, Funeral Mist, Uada e Svartidauði, sia a livello di influenze prettamente musicali che a livello di attitudine e iconografico, dal momento che anche i Gaerea si presentano incappucciati, fanno ampio ricorso ad un’indecifrabile simbologia esoterica e ci tengono a mantenere un qualche alone di mistero intorno all’identità dei componenti del gruppo, non tutti noti. Ma i nostri riescono efficacemente a conservare una loro specificità, rappresentata in primis da un gusto melodico sinistro ed insinuante, che innerva le composizioni tanto nei passaggi più ferali quanto nei rallentamenti più sulfurei e fangosi (l’incipit dell’opener “Svn” è emblematica in questo senso), e, soprattutto, da un songwriting costantemente ed attentamente focalizzato sul riffing e non solo sull’atmosfera; elemento questo che potrebbe apparire scontato ed è invece essenziale per la costruzione di canzoni che non siano destinate ad essere dimenticate dopo qualche ascolto (come avviene in molti dischi di ultima generazione). Magmatico e furente, cattivo e nervoso, “Unsettling Whispers” è un lavoro che riesce a coniugare, con estrema naturalezza, abilità tecnica e coinvolgimento emotivo, risultando al contempo vario e compatto, audace ed ortodosso, con i piedi ben piantati a terra e le mani tese verso l’ignoto. Ottimo disco? Senza dubbio. Capolavoro? Sarà il tempo a dirlo; per ora mi astengo dall’utilizzare questa definizione, di recente troppo spesso accostata a lavori soltanto discreti, sulle ali di un frettoloso e mal riposto entusiasmo, favorito anche dal piattume generale.