“Incubus” è il secondo full length dei Malfeitor, band romana capitanata da Fabban, più noto per la sua storica militanza nei “fratelli maggiori” dei Malfeitor, ovvero gli Aborym. La necessità di questa band nasce dalla voglia di proporre un black metal duro e puro, senza le tante contaminazioni che invece ha la musica degli Aborym, e che forse, a dirla tutta, rappresentano proprio il punto di forza della band italo-norvegese. Ho già parlato in passato del primo full della band, “Unio Mystica Maxima“, e, rispetto al suo predecessore, questo “Incubus” mostra delle composizioni più raffinate e varie. Per il resto, la linea stilistica è rimasta pressoché invariata ed il black metal che ci viene proposto è di stampo squisitamente scandivano, con chiarissimi riferimenti a gruppi come i primi Marduk e gli Immortal di “Pure Holocaust”. Questo giusto per dare un’idea del genere che suonano i Malfeitor. Ma c’è qualcosa di più, se andiamo avanti ad ascoltare il disco. Ovviamente questa proposta di black metal incontaminato svela sia pro che contro. Da una parte è apprezzabile il ritmo sostenuto dell’intero album, d’altra parte questo diminuisce fortemente l’effetto sorpresa a favore di un piglio abbastanza prevedibile, che non vede un pezzo in grado di svettare sugli altri. Ritornando alla maggiore cura dei brani e a quel qualcosa a cui accennavo prima, ad esempio “Typhonian Gods” è articolata in stile Shining, con mid-tempos cadenzati e riff malefici che fanno appunto tornare alla mente la band di Kvarforth. Poi, a parte rari casi tipo “Void Of Voids”, si torna a pestare sull’acceleratore. Certo, oltre cinquanta minuti di questo tipo di musica sono molti, e probabilmente sarebbe stato meglio scremare l’album dalle parti meno riuscite, delle quali non posso nascondere l’esistenza. Dopo l’ottima “Typhonian Gods”, per fare un esempio, c’è “Dark Saturnian Chaos”, che è piatta e ripetitiva. Dunque, paradossalmente, i Malfeitor centrano il bersaglio coi brani più cadenzati, a dispetto della loro indole distruttiva. Probabilmente “Incubus” è un album di passaggio, che conferma quanto di buono fatto col debutto e marginalmente esplora territori non ancora ben definiti. Vedremo se l’evoluzione della band sarà orientata verso una maggiore ricerca di atmosfera profana, oppure se si fermerà a quanto proposto in questo nuovo full, sicuramente una prova interessante, che però ancora non riesce a far compiere ai Malfeitor quel salto di qualità che li possa far emergere in modo deciso e prepotente dalla massa.
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