Gli Hybris sono una band romana nata recentemente (nel 2007) e che, dopo un primo ep, decide di cimentarsi in un full length. Abbiamo così questo disco, omonimo del monicker della band, che andiamo ad analizzare. Si tratta di un black metal cadenzato, melodico e dall’andamento progressivo, che per certi aspetti ricorda gli Enslaved. “Hybris” mostra, nella sua veste anche sinfonica, diverse luci ed ombre. Se da un lato possiamo plaudire la produzione e la cura negli arrangiamenti, dall’altra notiamo una certa prevedibilità di alcuni di questi. La varietà stilistica per un sound triste ed evocativo qui generalmente sfocia in un riffing un po’ scontato e piatto, che fortunatamente a tratti viene nascosto da alcune variazioni ritmiche, che però non coprono totalmente il ristretto numero di idee per quanto riguarda il lavoro della chitarra. Anche se ritmicamente il disco spazia fra mid-tempos e tempi più spinti, il guitarwork rimane immobile per quasi l’intero disco. Sicuramente questo della varietà strutturale è un punto su cui lavorare ancora molto. Come stretta conseguenza di ciò difficilmente i brani, presi singolarmente, dimostrano carattere e tratti distinguibili, attestando il loro tiro sostanzialmente sempre sui medesimi binari. L’intro e le parti in cui prende il sopravvento la vena sinfonica non convincono: troppo semplici e ripetitive, dopo breve tempo risultano un po’ noiose. Non metto in dubbio che la band capitolina abbia speso tempo e denaro per la realizzazione di questo esordio discografico che, bisogna dire, è molto professionale ma a mio avviso mancano ancora le idee per presentare un lavoro di un certo spessore, e probabilmente questo “Hybris” verrà coperto presto dalla polvere del tempo.
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